giovedì 17 gennaio 2013

Se facessimo un conto delle cose di Elio Pagliarani

da "Inventario Privato" (1959)

Se facessimo un conto delle cose
che non tornano, come quella lampada
fulminata nell'atrio alla stazione
e il commiato allo scuro, avremmo allora
già perso, e il secolo altra luce esplode
che può farsi per noi definitiva.


Ma se ha forza incisiva sulla nostra
corteccia questa pioggia nel parco
da scavare una memoria - compresente
il piano d'assedio cittadino in tutto il quadrilatero -
e curiosi dei pappagalli un imbarazzo
ci rende, per un attimo, dicendoti dei fili di tabacco
che hai sul labbro, e perfino una scoperta
abbiamo riserbata: anche a te piace
camminare? (e te non stanca? che porti
tacchi alti, polsi, giunture fragili
che il mio braccio trova a fianco,
il tuo fianco, le mani provate sopra i tasti
milanese signorina)
se ci pare che quadri tutto questo
con l'anagrafe e il mestiere, non il minimo buonsenso

un taxi se piove / separé da Motta
Ginepro e Patria / poltrone alla prima

ci rimane, o dignità, se abbiamo solo in testa
svariate idee d'amore e d'ingiustizia.

1 commento:

  1. Perché é una bella poesia d'amore? No, non é solo per la lingua, contemporanea, per l'indistinto che accompagna tutta la poesia che ci prende e che resta sempre inafferrabile ( come sono inafferrabili le pieghe del cuore, termine che Pagliarani non avrebbe voluto mai che io adoperassi)ma perché non c'è solo, non viene solo descritta la relazione amorosa,che può essere, linguisticamente, un cancro arido e sprofondante, no, intorno c'è un mondo che pulsa e che preme e che esiste e senza il quale i due non avrebbero avuto senso e allora i "contatori geiger" sono gli araldi, nel corpo linguistico, delle "svariate idee d'amore e d'ingiustizia". Penso che per scrivere un capolavoro non ci sia altra strada che radicarlo nel presente che é cosa molto più grande e vitale che non i singoli rapporti fra gli uomini. E il presente é la lingua che parliamo, quella che ci gira intorno. Seguendo la lezione di Pagliarani, per chi la segue, mai quella letteraria se non in eco, in sottofondo.

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