lunedì 31 dicembre 2012



Come una stessa essenza

Una stanza è arancia
si muove nel calore del corpo
ma è arancia. Ha fodere di silenzio
e cunicoli di parole che sbiadiscono
solo il legno crepita
la tapparella non si alza
e tu oramai sei andato
balkan sobraine nelle narici
e qualche cattiveria
giustificata in silenzio
non vedi come sono vecchia
ho il cachemire beige nella stanza arancia
non vedi come sono giovane
perfino non ti scrivo più
forte nei miei scarponcini
dai nastri rossi
forte dei miei occhiali.

Una  stanza è blu
si muove nel fiorire del corpo
è blu contiene una conchiglia che contiene
una piantina che contiene un muschio che contiene un filo
una stanza è blu
come freddo che si insinua è blu
come la stufa che non c’è
al centro della stanza che è blu
ma crepita ancora nelle orecchie
e farò come lei
che chiamava dalla camera da letto
tutta la famiglia tutti i nomi
farò come lei che chiamava
una stanza è blu e crepita nelle orecchie
il kerosene ma che odore
che fa ancora il kerosene

Una stanza è grigia
come la fuga dei gabbiani
come la fuga dei libri sulle assi
come la fuga delle carte veline lucide macchiate
Il Che, il Sessantotto, la  Lezione, il Futurismo
gli almanacchi, la storia, la storia, le storie
le pedine, pulisci quella pipa, gli scovolini
Il tè col whisky una stanza è grigia
ma io cammino sulla sabbia
verso la stanza grigia
che è inverno il mare si ritrae
e poi la stanza è grigia

Una stanza è di pelle
e mi riduco dentro a questa pelle
come la piastra che sfrigola
come le mani gelate
come la corsa al margine
come le mani scottate
mi riduco dentro a questa pelle
mi ci chiudo
una stanza è in chiusura
peccato non essere senza pelle
nessuno te la potrebbe ferire

Una stanza è nera
fa alba a poco a poco
ma la stanza è nera
le lampadine sono gialle
hanno piatti come cappelli
sono impolverate sono ancora più gialle
ma la stanza è nera
non sfora l’alba
non apre le cioccolate
non apre  tazze di latte
non versa miele non scarta
pacchi di Natale
non appende cipressi alle porte
non ha puntali e festoni
né prosecchi nuziali
non rovescia foto.
Ma quanto nera

Una stanza è negata
non gira la chiave
non apre il sogno
si passa davanti alla porta
con noncuranza poi si torna indietro
e poi ci si ripassa
e poi ancora indietro
é ebano nella cornice
ebano nelle ante di ferro
ebano nella credenza ebano
nella pelle spaccata
che ancora si sprofonda
ebano nella strettoia
ebano nel cuore
quella stanza è negata

Una stanza è di polvere
chiudendo una polvere cremata
chiudendo il gesto da dandy
chiudendo quante lacrime
chiudendo un lumino storto
che ora è Natale anche le tombe
devono devono essere belle
chiudendo una salita nella polvere
e sbatto la sabbia come sono brava
a sbattere la sabbia

Una stanza è bianca
fra due pagine è bianca
fra due pagine è crudele
fra due pagine si allarga il bianco
del non detto detto attraverso
detto perché si sappia
a colpi di parole misuriamo
una stanza è una piaga
che si cala nel sangue nella pelle
nel muscolo nella consistenza
una stanza è bianca ferisce
della sua luce

Una stanza è corsia
porta i fili dell’urina
i fili del sangue i fili del respiro
i fili del muco i fili dell’amore
una stanza è corsia
e non si aprono le finestre
non si aprono le finestre
questa mattina nell’alba
non si aprono sbattono e risbattono
si gonfiano contro il vento del cuore.
Ma non vedi che non si aprono.

Una stanza è passata
è in fondo al cammino
è in fondo alla scala che porta
è in fondo alla scala che scende
è in fondo alla mansarda
ma è serrato l’abbaino
hanno inchiodato assi di legno
che non entrino il vento ed i piccioni
è serrata negli anni
hanno accatastato
depositi di legna
ma la legna è bruciata
le cataste sono inconsistenti
neanche più la brace
una stanza è passata

Una stanza è introvabile
si gira il sogno anzi il sogno
non gira il sogno è assente
una stanza è introvabile
non ci sono parole per acchiappare
la pancia per acchiappare la stanza
per acchiappare le mura
che si stringono e si allargano
una stanza è indefinibile
così il cuore certe volte 
dà accelerate e poi brusche fermate
per trovare la stanza
si ferma e poi riparte

Una stanza è scordata
messa da qualche parte
scordata come quella parola in punta di lingua
e la stanza è scordata
come le pajette che cadono
alla fine del capodanno le piume di struzzo
il boa il bocchino d’ambra
 il sapore del sesso l’agilità del sesso
il calore del sesso
questa stanza è scordata
sono cadute scintille fuori dalla pelle
l’esercizio dell’urlo della pelle
questa stanza è scordata

Una stanza è partenza
ci si ferma sulla soglia
in partenza lo scalino è bianco
ed è partenza
si torna indietro si va avanti
si guardano le pareti
si ammirano quadri si incorniciano
versi si declamano versi
in drappi stesi su divani
cuscini di damasco memorie di raso
ah risentire quel ritmo che avanza
che spinge alla partenza
nel cerchio dell’ascolto
della danza delle mani del basso
del sotto del ritmo del respiro
ed entro nella stanza ed è partenza

Una stanza è nuova
si veste delle lastre di marmo
si veste di segni d’acciaio
va tutta in salita fino al sentimento
del niente che comprime
fino alle belle parole
che non spiegano niente
fino alle  accuratezze così eleganti
come la brocca d’argento
 come lo scaffale in ordine
 come mettere insieme il pranzo
con la cena giacché, si sa, occorre mangiare.
E occorre far sesso.
Occorre una donna in casa.
Ed una in poesia.

Una stanza è poesia
una corda fra le mani ed è poesia
una stanza è poesia
mai abbandonerò questa stanza
per te per me ancora incisi i versi nella
volatilità dell’aria
nella danza del cuore
nella percussione dei ritmi
sono qui ancora vado avanti
per te per me
Una stanza è poesia.

Una stanza è il messaggio che arriva.
Ci si innamora sempre di schiena.
Ci si innamora per la schiena.
Non per la testa gli occhi le mani
la pancia il passo  il cuore il resto.
Ci si innamora di  schiena.
Così girati.
Fatti amare.


 Cetta Petrollo
 1 gennaio 2013

giovedì 27 dicembre 2012

Allora cominciamo a fare i bilanci del 2012 già fatti, mi sembra, altre volte. Questo 2012 ha affondato le radici nel 2011 quando intorno a ottobre un folletto malefico ( o benefico?) si divertì a mettermi una benda sugli occhi e molta energia in corpo. Così mentre piombavo in giù, sempre più in giù, in prossimità di morte, il folletto malefico/ benefico mi esplose in faccia la vita e tutte e due vita e morte si sono accompagnate ed hanno amoreggiato (amoreggiato!) fra di loro mentre io mi perdevo nel loro amore in un lancio e rilancio di tutto, emozioni, sentimenti, desideri carnali e disperazioni totali. Ma come ho fatto mi dico ora? Come cavolo ho fatto ? A scambiare ranocchi per principi ? A provare attrazioni che si sono dissolte come l'aria? A precipitarmi dentro di me? A finalmente scoprirmi attraverso l'altro? Che l'altro poi era in punto di morte e in punto di vita. Tutto nello stesso momento. E io ora mi sembra sono tornata quasi ( quasi! Del tutto sarà impossibile) come prima, come in quel fantastico ottobre mentre avanzavano cancrene e inflorescenze, versi già pubblicati e versi da pubblicare, libri scritti e libri da scrivere. Se devo descrivere questo 2012 lo posso solo descrivere come un'alba. Un 'alba ripetuta. Dove si sono affollate tante stelle. Penso anche di aver dato tanto. E chi presso di me si é scottato (perché si é sicuramente scottato) non sarà mai più, mai più, quello di prima.