domenica 27 gennaio 2013

Questa volta é intelletto


Di nuovo siamo entrati nell’intrico
riconosco la foresta delle parole
l’avvio delle albe le cose che
si nascondono e si espongono
con garbo con spietatezza.
E tu vorresti fermarti?
Prendi il machete  e attraversa il bosco
ancora  ancora e ancora una volta
hai sulla fronte la stella di diana
il laccio teso dell’arco
questa volta è una mappa.
Di segni  come totem disseminati.
Questa volta è intelletto.

Cetta Petrollo

Nel loro fermo possesso


I libri sono fatti di carta di sogni  di curve
e poi anche di colori di fregi  di sfregi
di invocate censure di disordinate parole
di empietà di santità di sangue di carne
Ah le raffigurate biblioteche
che non nascondono i nomi
però occorre cercare
e  spesso in alto
fra quel legno intagliato
verso la fuga
la presa robusta della mente
al centro della pancia degli occhi
nel loro fermo possesso
d’amore

Cetta Petrollo

Fabrizio Mugnaini e Fulvio Leoncini per la Giornata della memoria

Oggi 27 gennaio 2013, credo che ogni profilo sia del tutto fuori luogo.
GIORNATA DELLA MEMORIA
per non dimenticare
tre interventi Fulvio Leoncini eseguiti per questo giorno 2011/2012/2013

Elio Pagliarani,Carmelo Bene nella fossa delle bolognesi


Carmelo Bene nella fossa delle bolognesi

Non par dubbio che la nuova borghesia stia scoprendo il teatro, soprattutto in provincia: e perché si staranno stufando del cinema e della televisione, e perché le signore dei gelatai delle nostre riviere turistiche si sono accorte che il teatro costituisce un'occasione sociale assai più del cinema, un motivo più serio, cioè , per sfoggiare un abito nuovo. Prendiamo il caso di Rimini: a Rimini l'unico teatro di prosa e rivista - il Novelli - è rimasto chiuso una trentina d'anni, dal '43 all'anno scorso: ma adesso che l'hanno riaperto è sempre pieno e ci fanno anche i soldi.
Mi dicono che nel riminese ormai è out la signora o signorina che non faccia la fila la mattina alle sei ( ma la farmacista più scatenata ci manda il marito) per prenotare il biglietto per lo spettacolo di Alberto Lupo ( e ciò spiega anche , beninteso, il successo della Bugiarda ovunque si sia presentato). insomma, strada facendo, succede che l'altra sera qui a Bologna m'è capitato di assistere a uno spettacolo del tutto eccezionale, dato che si trattava del ritorno sulle scene di Carmelo Bene, dopo una pausa di quattro anni, e in mezzo a un pubblico di mezzo migliaio abbondante di vicepresidentesse , al teatro Duse.
Dunque su una capienza suppongo di mille posti, vi erano almeno novecento persone così suddivise: 600 abbonati alle prime ( a tutte le prime indistintamente) di cui 500 vice presidentesse ( età media 50) e 100 dottori coetanei, e un 300 giovani e professori, anche qui netta prevalenza femminile: diciamo 200 ragazze e professoresse e cento giovanotti. Dal'altra Carmelo Bene in una nuova edizione di Nostra Signora dei Turchi.
Misteriosamente avevano capito che per Carmelo Bene non occorreva vestirsi bene ( prima frustrazione cioè) e però comunque alcuni applausi a scena aperta (" elegante, suggestiva, con tutte quelle vetrate e poche luci blu, e dietro sono tutti cuscini?"). prima perplessità: " bella la voce dall'altoparlante , ma non è sua, è sua, lui però è bello, non si sente nulla".
Io intanto osservo che è comunque singolare, e civilissima questa stragrande maggioranza femminile a teatro ( la maggioranza dei mariti staranno al caffé fra uomini) così come ai primi segni di insofferenza del pubblico non mi allarmo, anzi mi pare che qui si reagisca, si prendano cioè le faccende sul serio, non si accetti chicchessia con indifferenza.
E così il primo tempo fila via abbastanza bene e anche Lidia Mancinelli, con la sua brava aureola di fil di ferro dorato, dietro la vetrata, è bene accetta. Poi succede che forse Carmelo Bene non si divertiva abbastanza, e allora l'intervallo fra i due tempi diventa lunghissimo e quando il pubblico è snervato ben bene e nella seconda parte si aprono le vetrate e aumenta il dialogo diretto - con qualche pausa cioè del monologo dell'altoparlante - la voce dei due attori, beato chi la sente ( io la sentivo ma in prima fila): non solo il caratteristico mugugno di Carmelo quando si parla addosso - che quella è una cifra stilistica, non occorre distinguere ( ma chi lo va a spiegare alle bolognesi?), ma appunto anche il dialogo a due con la Santa Signora dei Turchi ( il dialogo ecologico della palma tagliata e dei condomini) si sente ben poco. Allora gridano e ripetono "voce!" e bene non solo non alza la voce ma gli fa rapidamente come en passant, come una variante del resto, una scorreggia con la bocca: eccoci in piena bagarre, e ci siamo rimasti fino all'ultimo: Carmelo ormai acceso e scatenato, mentre fra il pubblico un gruppetto cercava in tutti i modi di interrompere la rappresentazione, anche arrampicandosi sul palcoscenico dove appunto Carmelo Bene con gesti e parole stava insultandoli.
Ma come? :"Insulti al pubblico" è il titolo di uno spettacolo di grande successo negli ultimi anni in Germania, e per suo conto Carmelo Bene lo ha inventato e realizzato da più di dieci anni, e voi signore belle non lo sapevate? ( Mi ricordo che una sera memorabile, nel '62 credo, Carmelo in uno dei suoi spettacoli più burrascosi e provocatori si prese un cazzotto duro dal barone Franchetti, dato che la rappresentazione prevedeva e fu puntualmente realizzato, anche l'assalto alle borsette delle signore e ai portafogli dei signori: era poi sempre la famosa serata della famosa minzione vulgo pisciata su poetesse e scrittori). ( Certo si capisce non è detto che sia obbligatorio subire il gioco di " cencio della parolaccia").
In conclusione, una serata veramente memorabile e alla fine, dato che applaudivo, ho avuto il mio bel daffare a difendermi e a dare alcune spiegazioni a delle signore che volevano sapere il perché del mio applaudire: loro dicevano "buffone" e io dissi che ero d'accordo aggingendo però "grande buffone": eccezionale davvero sotto tutti gli aspetti questo ritorno di Carmelo Bene e di Lidia Mnacinelli così bella sulle scene. C'è con loro la giovanissima Lucia Cante. Scene di gino Marotta. E certo anche applausi minoritari ma convinti. 


Elio Pagliarani, da Il Fiato dello spettatore, Marsilio, 1972

Elio Pagliarani, gli Epigrammi ferraresi e le Prediche sopra Ezechiel

 “ Le Prediche del Savonarola nel Cinquecento erano un best seller ( come fu dagli albori della stampa per i libri religiosi. Si pensi alla Bibbia  e all’Imitazione di Cristo) e un’impresa editoriale cui si accinsero dozzine di editori , come Soardi, Arrivabene, Benali, Bindoni, Scoto, Zanni, Volpini, Nicolini da Sabio, la tipografia all’insegna del Pozzo e quella della Speranza, per dire ora soltanto di stampatori veneziani; in totale, stimò il compianto Ridolfi, gran studioso e cultore del savonarola e massimo bibliografo del medesimo, “ in Venezia, nella sola prima metà del secolo XVI l’edizioni delle opere e delle prediche del Frate raggiungono il centinaio” ( al secondo posto fra i best sellers nostrani di quel secolo troviamo l’Orlando Furioso: nei soli dieci anni successivi all’edizione definitiva del poema – 1532, Ariosto morì l’anno dopo – venne ristampato trentasei volte, trovo precisato nei Cinque secoli di stampa di S. H. Steinberg, edito in Italia da Einaudi. Savonarola e Ariosto: singolare, italica coincidenza di opposti!”
Non posso che continuare con questa straordinaria descrizione “ editoriale” : “ Orbene, un best seller all’indice, nell’Italia del Cinquecento costituiva un grosso problema, tanto più che oscillavano i pareri delle autorità religiose, e persino dei papi, sul Savonarola  e la sua predicazione  - il gran papa Giulio II si sarebbe detto pronto a canonizzarlo, probabilmente in odio al papa Borgia) come affermò anche il Ridolfi. In ogni caso l’Indice  di paolo IV, del 57 o del 59 che fosse, proibì le opere del savonarola; ma, dopo ampio dibattito fra i padri conciliari, il Tridentino del ’64, approvato ed omologato da Pio IV dice espressamente “ Hieronymi savonarole Ferrariensis Sermones  illi, qui olim in Romano Indice prohibiti fuere, non legantur, done iuxta censuras Patrum deputato rum emendati prodeant”. Il Tridentino . avendo rimandato al Romano del ’59, non specifica quali testi, già proibiti tout court, più semplicemente non dovranno essere letti finché non saranno stati emendati; ma poi l’ufficialissimo e definitivo Indice  Clementino del ’96 specifica la dozzina di prediche da correggere. In ogni caso quelle prediche non fusorno mai emendate ( anche se dagli Atti del concilio di trento risulta che ne fu dato l’incarico all’arcivescovo di Palermo) e rimasero proibite.
Ma il Tridentino aveva assai alleggerito il Romano del ’59, che a sua volta aveva di molto alleggerito la condanna del Romano del ‘57[…] e. inoltre, come s’è accennato, la stampa delle opere del Savonarola aveva impegnato imprese e capitali, bisognava trovare una via d’uscita, e fu trovata permettendo il commercio e la circolazione di quei volumi dove fossero tolte, amputate,o oscurate da inchiostro nero, le pagine da emendare. Così fu fatto e la maggior parte delle cinquecentine che possediamo oggi delle otto raccolte delle prediche[…] le troviamo con pagine tagliate o cancellate, “castrate”, scrisse il cattolicissimo e castigatissimo Ridolfi[…] Dalla qualità delle cancellature si distinguono bene oggi quelle, diciamo così, fatte in casa, e quelle ufficiali, fatte dagli appositi uffici censorii ( “ a Firenze il castrino fu certo Maestro Alessandro Machiavelli…di cui si vede la firma e la data…su qualche esemplare da lui manomesso, sempre Ridolfi nella sua vita di Gerolamo Savonarola ”)[…] Dunque nel 1515 un bando a Firenze intima a tutti quanti si trovino ad avere “reperti” savonaroliani, di consegnarli alle autorità religiose, e c’è chi anche dice che ciò viene fatto per meglio conservare le reliquie del Frate; ser Lorenzo ha presso di sé le trascrizioni di due raccolte di prediche, sopra i  Salmi e spra Ezechiel ( tra le più importanti, per gli argomenti e l’espressività, l’incisività linguistica, di tutte le raccolte) che non è ancora riuscito a far stampare e non dubita di dover obbedire al bando.
Per fortuna sua e nostra gli capita di parlarne con frate Luca Bettini, o decise di consigliarsi con quello? Il molto, troppo giovane frate Luca Bettini[…] capì subito che quel bando avrebbe invece significato la distruzione delle reliquie savonaroliane, e sconsigliò al notaio di consegnare il manoscritto della trascrizione delle prediche; ma quando si accorse che ser Lorenzo avrebbe adempiuto a ciò che riteneva un suo obbligo, frate Luca ebbe una trovata: chiese in prestito al notaio, per poterle leggere o rileggerle e meditarle, quelle prediche “ per duo dì” ( come scrisse in tarda età in una sua inedita Apologia savonaroliana lo stesso ser Lorenzo, che il Villari scovò fra i manoscritti della nazionale di Firenze, pubblicandone alcuni brani).
Avutale in prestito dal buon Vuoli, il giovane frate andò furtivamente la notte stessa a Bologna, a cavallo di un’asina; qui si recò da un editore assai noto e di illustre famiglia di editori, benedetto di Ettore, e in pochi giorni le due raccolte furono stampate, i Salmi terminati il 20 aprile e l’Ezechiel il 2 maggio 1515, in tiratura ridotta, sulle 250 copie ( che è la media degli incunaboli), il primo in folio, il secondo in quarto; il primo è più raro del secondo. Tornato a Firenze frate Bettini restituì il manoscritto a Ser Lorenzo, che lo consegnò alle autorità che poi lo distrussero”

Elio Pagliarani , Chi castrò le prediche del Savonarola, Wimbledon, Anno III, n. 26, giugno 1992, Libri rari, pp.66-67

sabato 26 gennaio 2013

Elio Pagliarani dagli Esercizi platonici, Palermo , Acquario, 1985

XVII

Allora bisogna scegliere esistenze viziose.
osserva i piaceri conseguenti a stati morbosi,
quando, per esempio, si debba procedere
a curare la scabbia mediante sfregagione: ci sono
i piaceri prodotti dal solletico.

e questi piaceri per ogni modo si perseguono
con tanta maggiore insistenza, di quanto più la persona
è intemperante, e ad ogni luce spirituale opaca.

almeno per i piaceri che hanno luogo nell'organismo.

XIX

Alla verità, quale piacere sarà più corrispondente?


XXI

E se così stanno le cose, è chiara
una conseguenza: i grandi piaceri
e i dolori hanno luogo in condizioni
di malvagità e di involuzione


XXIV


(Ora o quando è il momento di dire della quarta follia?)


XXV

Aristodemo raccontava dunque d'avere inconrato
un giorno Socrate; e Socrate era ben lavato, aveva
persino i sandali. E lui gli chiese dove andasse
e perché si fosse fatto così bello.
E Socrate: " A pranzo da Agatone!" Detto questo,
si posero in cammino.

( Roma 1983-84)

Prigioniero, almeno in parte, come avevo cominciato a sentirmi del mio verso lungo, sempre più lungo, dalla fisarmonica spalancata - ho voluto cercare di riacquistare facoltà di articolazione più variegata ( mi riferisco, per esempio al pedale sommesso dell'Inventario privato). Qui non ho fatto che trascrivere e scandire il linguaggio colloquiale di Platone ( del filebo, soprattutto; ma anche delle Lettere e, nell'apertura finale, del Convito, come è trasparente), quale è stato reso in lingua italiana nella "versione e interpretazione" di Enrico Turolla, quel patito di classe

Elio Pagliarani

L'olio se n'è rimasto in cucina

http://www.youtube.com/watch?v=gVcGDqKdItM

L'amore nel tempo della sua riproducibilità tecnica



In certe giornate senza storia
quando basterebbe metà letto
e il desiderio se n’è andato
nessun battito d’ali al risveglio
io sono l’allieva e mia figlia mi insegna
vado in libreria a cercare Paolo Rosa
che potrebbe spiegarmi
lei dice
com’è l’amore ai tempi di fb
quando un click può bastare
a far girare una lettera d’amore
o d’odio
senza più aura

Cetta Petrollo

Elio Pagliarani Oggetti ed argomenti per una disperazione



Oggetti e argomenti per una disperazione
ad Alfredo Giuliani

Che sappiamo noi oggi della morte
nostra, privata, poeta?
……………………………….Poeta è una parola che non uso
di solito, ma occorre questa volta perché
respinti tutti i tipi di preti a consolarci non è ai poeti che tocca dichiararsi
sulla nostra morte, ora, della morte illuminarci?
……………………………………………………………………..Tu
corrispondesti quando dissi con dei versi
che ho sofferto e avuto vertigine orgogliosa, temendo adolescente
di non poter morire. O credendo.
……………………………………………….Faccio una pausa
rileggo questo inizio non è male mi frego le mani
dove c’è un po’ di reumatismo stagionale, sollevo gli occhiali
mi guardo l’occhio allo specchio. Non lo capisco, non so giudicare
ma so che i medici mi spiano gli occhi, io non so se il mio
è torbido o dilatato o sporgente, che cosa può rivelare: so che mi tirano ora
le corde del collo che scrivere questa notte
mi terrà eccitato parecchio che direi ne vale la pena sapessi
che fra tre notti riprendo un ritmo di sonno.
……………………………………………………………….Alfredo e chiedo
in giro agli amici com’è la mia faccia, il colore.
…………………………………………………………………Anche tu
quello stesso pensiero adolescente, anche tu
sbianchi alle volte d’improvviso dopo un pasto.
Immortali per le stradi non ce n’è
ci avevano detto che gli uomini, non un uomo, sopravvivono
che a noi tocca la stessa immortalità come alle belve
nell’amore che genera, e sapessi o no che era
il solo atto consentito oltre il limite di uno
l’ossequio necessario alle consuetudini della specie
anch’io mi sono sentito in gran ritmo naturale
sopra una donna e ci guardava un mare
come avessimo avuto un senso, o guardavamo un mare
come avesse avuto un senso.
Ma ciò che distingue l’uomo è la scommessa
ecco una frase inventata dalle élites, in ogni modo è vero che qualcuno
scommette di non morire.
…………………… ……………….Ci vuole orgoglio: credere
che il proprio lavoro la pena non se stessi ma il proprio modello sia utile
agli altri; fiducia: che la storia
paghi il sabato; eccetera: e il bello è che di questa scommessa
l’unico a non avere le prove se l’opera gli sopravviva
magari di una sola luna
è chi ha scommesso, chi muore.
……………………………………………..Le dissi: lo stesso anno
che conobbi gli stimoli del sesso tradussi un sonetto di Shakespeare
male, “Shall I compare thee to a summer’s day?”
tra il trentanove e il quaranta, col finale
“il mio verso vivrà finché gli uomini
sapranno respirare e tu con quello.”
…………………………………………………..E tu con quello
volto di donna, sei ormai finale?
……………………………………………..E’ ora conchiudendosi
il respiro che la clausola s’adempia
risolutiva?
………………..Ho fumato duecento sigarette
per non amarla, in dodici ore accanto
il volto nel calore
le si apriva in dolcezza lievitata
ma da me è travasata soltanto
la malafede degli intestini
…………………………………….in bile e escremento
e il panico poi, e l’attrazione della clinica.
E il fisico con il cancro nel ginocchio, col ginocchio di vaccina
che urli, picchia lì avrebbe detto al fascista, picchialo nel ginocchio che c’ha il cancro.
Quanti alibi ormai per non amare
………………………………………………..e lei insiste al telefono
se è questo di me che ti interessa, ti aggiungo che è a Bologna
che ormai gli amputeranno la gamba.
………………………………………………………Da tempo io non mi esalto
più delle avventure dello spirito, da tempo ciò che brucia
mi devasta soltanto e non posso continuare
a far versi sulla mia pelle, a sublimare
le mie sconfitte, a presumere significativi
me e lei le penultime esplosioni
……………………………………………..a trarre una morale
di morte universale a consolarci della nostra.
Ma se avessi soltanto bestemmiato
allora Brecht ai vostri figli ha già lasciato detto
perdonateci a noi per il nostro tempo.

Mi diresti, tesoro, che mucchio di lavoro, lascia stare

Sui libri litigavamo.
E facevi debiti
e me li nascondevi sotto al letto
incartati dietro alla stufa
lasciati dagli amici
in giro per l’Italia.
E ora con te
sto parlando ancora di libri
venuta via la moglie col grembiale
resta la compagna invecchiata
quella con poca memoria
resta la ragazza
cui regalavi bocchini d’ambra
e boa di piume di struzzo
e rubini e   vestiti di raso
con cui fare con te
la spaccona a carnevale
( ma gioia compriamoci un po’ di caviale)
 Se ora mi potessi vedere pentita
tirare giù la libreria
per parlare di te
del tuo sciupio fruttuoso
delle nostre violente litigate
con sbattute di porte
e discese dall’auto
con bestemmie al seguito
ed ardori di pipa
a bruciacchiare il vestito buono.

Se potessi vedermi diligente
sfogliare  le carte
mentre dai fogli ingialliti
Savonarola mi bacchetta
mi diresti, lo so,
tesoro,che mucchio di lavoro
lascia stare.

Cetta Petrollo da Le convenienti giornate, poesie per Elio

venerdì 25 gennaio 2013

Due versi di Maria Allo

[...] Toccare abissi a dismisura
rende umani[...]

Maria Allo da Hybris

Le piante non si seccano


Un altalenio del cuore è cosa lieve
che fa percorrere la notte
e non c’è tempo per dormire
le piante non si seccano
sono piene della mia presenza
l’aria è ferma
è piena del mio pensiero
l’altalenio del cuore
ti reca dolce
ancora in embrione
come la pelle nuova
non mi avvicino
non mi allontano
il cuore fa una lenta altalena
e tu dentro di lui
fai il nido
dentro di me
ti fai cullare

Cetta Petrollo

E io lo lascio andare


E adesso in questa notte
che si annuncia lontana
lascio andare il dolore
il dolore che mi ero
tenuta vicino a scaldarmi
il dolore che non volevo lasciare andare
per non sentirmi sola
ecco lo lascio andare a poco a poco
come un ragazzo
che dia briglia a un aquilone
lo lascio andare
 e srotolo la matassa
di seta e lui si allontana
ciao gli dico
siamo stati vicini
per  più di un anno
e non ti volevo proprio
lasciare andare
mi sembrava di rimanere al gelo
senza di te mio dolore
e il filo si allunga
e io lo lascio andare
e mano a mano che va
in questa notte di fate gli dico
restiamo amici
ma in lontananza
come quello che è volato via
perché qui c’è la gioia
e torno a guardare
come inizia a danzarmi l’anima
mano a mano che lo lascio andare
e sono io a lasciarlo andare
mentre mi danza l’anima.

Cetta Petrollo

Fabrizio Mugnaini per Dario Bellezza



Buon Venerdì, anche oggi il sole mi fa compagnia e lotta con il vento che, impetuoso, mi chiude le persiane, anche i fermi non servono a niente. È vero, in nome della libertà, quando si intende scappare non esistono catene, puoi rimanere fisicamente legato, ma la tua anima, il tuo cuore sono già svolazzanti nel bosco, liberi. E libero era Dario Bellezza (1944 – 1996), personaggio controverso, additato erroneamente come un diverso. Dario era se stesso sempre, in qualsiasi occasione, privo di compromessi e di facce gentili, non si sdoppiava mai, sempre diretto. Ne so qualcosa io che cercai di contattarlo nel 1986 e ci riuscii solo dopo un anno dopo un paio, usando un francesismo, di vaffa in c … Persona amabilissima, ma di una sensibilità oltre misura, non si doveva assecondarlo, mostrarsi falsamente gentili, se ne accorgeva, voleva essere trattato come un portuale, pane al pane, vino al vino. Ci siamo incontrati due volte a Roma, in occasione di due presentazioni, abbiamo passato diverse ore al bar, brillante, scherzoso, sarcastico, sardonico, beffardo, mordace; tutte caratteristiche a cui non si distaccava mai avesse avuto davanti il più umile dei lavoratori fino al Presidente della Repubblica. Questa sua irriverenza dava fastidio a me piaceva sopra ogni altra cosa. Niente smancerie, salamelecchi, era una persona sincera tartassata da una società bigotta e clericale, troppo lontana per poterlo minimamente capire, nemmeno l’avvallo dei grandi è riuscito a sdoganarlo, Pasolini si esaltava dicendo: “Ecco il miglior poeta della nuova generazione”. È stato uno dei pochi autori italiani conosciuti all'estero fin dall’inizio della sua attività e, durante gli anni, ha accumulato centinaia di recensioni autorevoli e di giudizi lusinghieri. È stato anche uno dei pochi tra gli intellettuali del nostro paese a prendere una decisa posizione a favore dell'identità gay. Il suo capolavoro resta Lettere da Sodoma (1972). Ha scritto su praticamente tutte le riviste italiane di letteratura e di poesia: "Paragone", "Carte Segrete", "Bimestre", "Periferia", "Il Policordo", oltre che sui più importanti quotidiani e settimanali. Ha pubblicato una ventina di libri, soprattutto di poesia, ed alcuni romanzi e testi teatrali, il più straordinario di tutti è Apologia di reato, del 1970. Faceva parte del ristretto numero di letterati italiani (i Magnifici Sei) insieme ad Alberto Moravia, Elsa Morante, Pier Paolo Pasolini, Dacia Maraini, ed Enzo Siciliano, e proprio da questi si distaccava per essere il più accessibile, il più immerso nella quotidianità della quale era anche critico feroce ma ironico. Tra le carte conservo ancora una busta con dentro un foglio strappato della rivista Playboy e da lui corretto e rimaneggiato con alcuni appunti a me dedicato: “Sei farfalle nude …” (sei poesie di Dario Bellezza: sei canti disperati di sesso). Dario voglio essere, almeno in questo momento, menefreghista del giudizio della gente e senza ipocrisia voglio trascrivere due delle sei poesie, come dicevi te, a chi non piacciono sa come fare, non le legge. 

Fabrizio Mugnaini


Le gambe in aria, la posta in gioco
è in alto, quasi Dio mi vedesse
finalmente libera di tremare nel
timore della sua eterna
presenza assente. Me la rido e paro
le gambe, le alzo in alto, in alto,
fino al cielo perché LUI entri, mi
visiti, mi scuota! Ma voglio
essere afferrata, gattina che si volta,
ma non subito, senza fretta
e il caro pendulo arnese sfasci,
tramortizzi, dissangui, batta,
pieghi, sconci, uccida! Sì, muoia con
l’affare cocciuto e testone in gola,
strozzata, invereconda, macellata,
menata, vittima di
un zefirante assassino!

**
Per risvegliar mattino la mia
inedia salto su a cazzo dritto verso
il mondo; ripenso al tuo bel
sole lasciato a pezzi, ieri sera e rimoio
sconsolato in cieco carcere.
Mi guardi intorno: pietra cittadina,
pietra soltanto per me sciagurato,
mentre bello sarebbe che natura
premiasse in dì sereni mia vita
perduta. Allora non m’affrena più
dolore o meraviglia. Prendo
l’astato membro e lo agito invano
fino al bianco lutto!


Dario Bellezza



Una poesia di Maria Grazia Calandrone

II

I.
Perché scopri il tuo volto Signora, d'improvviso perché
sollevi il velo, perché esci correndo di casa
come preda di un vino
randagio che ti piaga la gola, come morsa dai cani del tuo cuore affamato, perché?

2
I tuoi riccioli in balia del vento
e le orecchie acutissime al servizio
del più ingeneroso
armento della terra: l'amata, lei
prediletta fra tutte
perché a tutti concede
la sua confidenza?

3
come il castigo ci colpisce a caso in questo profondissimo
mezzogiorno. Dall'umido nord
che fatoppe di muschio sui mattoni dei vicoli alla deserta
stele innalzata
sul quadrilatero delle fortificazioni si è confusa la fama
della tua bellezza
alla fama del sole - ma nel tuo cuore è nulla
la gloria del corpo: perché
non dai peso allo slancio della terra
così viva di fiori e stormi?

4
perché all'alba mi hai dato da baciare
la punta del tuo ricciolo e alla sera
con un gesto del capo lo hai sottratto
e con la vuota polvere hai commisurato
il mio cuore paziente, perché?

5
La tua lingua rivela il segreto
chiuso nella tua bocca, la tua cintura
pesa e descrive
la mollezza dei fianchi:perché
minacci la mia vita con la spada
solo perché io vedo, solo perché io sento
il tuo mistero, perché?

6
perché sorridi come per amore mentre inganni
quelli che come me hanno gettato
la loro intera sorte
sul tuo bianco tappeto di carne
e sorriso e capelli, perché?

7
La mia casa é affollata di estranei
che non scaccio nemmeno
quando il volto gentile dell'amico
si affaccia dalla calce
dei corridoi e chiama
amica l'amica
e aggiunge quel nomignolo lucente
di lucertole e biglie. perché
- cara - non rispondi al mio vero
silenzio, perché
lasci esposto il dolore dietro il sottile
velo
di chi non ti minaccia
intimamente? Perché nascondi il corpo, perché rinunci, perché
confondi
il mio strazio nel sangue della vostra ferita?

Maria Grazia Calandrone da La Vita chiara, Dialoghi con Hafez, Ghazal delle domande.

giovedì 24 gennaio 2013

Dove ancorai passione


Vorrei trovare la gabbianella nuova
quella che sosta a pelo d’acqua
fra un po’ ce la farà
ma non adesso
(quando iniziano i piedi la giornata
con movimenti di piume
proprio al centro
o con spruzzi).
Da qualche parte c’è
si sta formando.
A fatica riconosce i sentieri.
Fa fatica.
E’ ragazza
rinasce da depositi nerastri
stratificati in tempesta
da disgrazie degli anni
quando il vento dell’est
butta giù i capanni
in assi rotte e palme arrugginite.
Ma rinasce. Fa pesca di parole.
Le cerca dove non sa di averle
nei pressi degli scogli
dove ancorai passione.

 Cetta Petrollo

Vorrei trovare la gabbianella nuova
quella che sosta a pelo d’acqua
fra un po’ ce la farà
ma non adesso […]

Cetta  Petrollo

Cuore di preda

http://www.viverepesaro.it/index.php?page=articolo&articolo_id=388899

mercoledì 23 gennaio 2013

Fabrizio Mugnaini su Gian Ruggero Manzoni


Buona giornata, oggi pensavo proprio di non scrivere il breve profilo giornaliero, l’aneddoto quotidiano, da ieri sera sono a letto pieno di dolori e tosse nonché una notevole quantità di crampi. Arrivato alle diciassette, fatidica ora del the, non ho resistito, ed incappucciato come un palombaro, mi sono recato nello studio per scrivere chissà cosa … Conosco Gian Ruggero Manzoni (1957) da molto tempo ed ho sempre apprezzato la sua vena artistica, poliedrico, cavallo matto, grande poeta, storico dell’arte, commediografo, dipinge. Credo di non avere le sue stesse idee politiche, ma questo non intacca minimamente il nostro rapporto che è basato sulla ricerca del bello sia in poesia che in pittura. Ci siamo incontrati diverse volte, la prima volta che è venuto a casa mia la ricordo come fosse ieri, avevo appena traslocato ed ancora non avevo sistemato tutti i mobile, il piano della scrivania era formato da un cartone spesso, non feci una bella figura, quando sotto il peso dei libri, tutto franò. Ridiamo ancora a distanza di anni. Ha soggiornato per lunghi periodi in giro per l’Europa, in Belgio, in Francia e in Germania frequentando tutti gli ambienti artistici. In Italia i suoi maestri sono stati Umberto Eco e Gianni Celati, per circa sei anni insegna Storia dell’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Urbino, lascia la cattedra perché si sente troppo vincolato e inizia ad insegnare in varie Università italiane e straniere come contrattista. Ama abitare in provincia e, come di solito dice, "dell' uomo di provincia possiede tutti i difetti, ma anche tutti i pregi". Le sue lettere sono uno spasso, gratificante riceverle, la scrittura si incastra in tutte le parti della pagina, spesso sono accompagnate da disegni colorati, le conservo con cura insieme a tutta la corrispondenza. È generoso, si impegna in ogni progetto ed insieme ne abbiamo studiati e realizzati diversi. Scrive e pubblica molto, uno dei libri a cui sono più affezionato è “Il dolore” (oltre la casa dei morti) edito da Vanni Scheiwiller nel 1991 con disegni di Omar Galliani. Libro interessante da leggere, non facile da reperire, le prose sono state composte da Gian Ruggero nell’autunno del 1990, subito dopo la morte del padre Giovanni, i disegni di Omar Galliani sono stati eseguiti in Grecia, ad Olimpia, il 22 luglio 1990. Non avendo altro a disposizione, la tecnica usata dal pittore è stata delle più semplici: matita e resti di gelato al cioccolato del figlio Massimiliano.


I

Fingere per giorni e giorni la tua salute, fino a crederci e dimenticare che eri per morire.
Le piaghe del decubito. La tua barba, grigia e rada. Le unghie ormai nere. I muscoli del petto e del collo, duri e contratti, gonfi, nel mangiare aria e nel soffiare che sempre e sempre ci amavi. Che ti eravamo vicini. Che non volevi altro. Che per noi continuavi. E pregavi in latino, con le parole che l’ebbrezza ti allungava. E ancora respiravi, respiravi, respiravi.
Uno, due, tre, quattro, cinque. Da capo babbo. Allarga i polmoni. Fallo. Impegnati, per la nostra razza.
Fallo!… e con dignità mi accompagnavi alla soglia. Mi guidavi, respiro dopo respiro, a capire la morte. A morire con te, la parte migliore della vita. La parte migliore, che i morti ricordano.

XVI

Com’era nel tuo stile, andando all’ospedale, hai lasciato la scrivania in bell’ordine. Gli occhiali sul dizionario romagnolo. La lente vicino al delicato vaso del Giappone. La stilografica chiusa, e rivolta verso nord, sui protocolli e sulle fatture del meccanico e del muratore. L’orologio carico, e le buste con gli articoli per i giornali e per la televisione.
Nei cassetti, inevitabili feticci. I timbri dell’azienda e dell’archivio – le sbiadite fotografie di mamma e io – inviti a mostre e a letture – cinque bossoli da mitragliatore – una scaramazza – una cartolina d’auguri del 1958, siglata Maria Rosa, Giovanna e Fedora – poi due scontrini indivisibili … Fondamenta Nuove, Burano, Torcello e ritorno. Il fischietto d’osso per le allodole. Lo zampetto di coniglio portafortuna. Il somarello di terra cotta e cicche fumate e rifumate a nostra insaputa. Piccoli gemelli d’oro e il fazzoletto con Garibaldi e il tricolore – un nastro verde e dodici soldatini di cartone, adagiati nella scatola della prima Comunione.
Il sorriso e le gambe della Pampanini, in mezzo alla patente B, sgualcita e ormai scaduta.
Le nostre lacrime e il mio sospendere la frenetica e blasfema investigazione.

Fabrizio Mugnaini

Il primo febbraio 2013 a Palazzo Tursi a Genova. I poeti leggono Wislawa Szymborska



Per Domenica Giaco, su richiesta



La vita è quella che si fa
per questo prendo gocce di biancospino
e ascolto notizie di te alla mattina
e mi trattengo la notte dallo scrivere versi
verso le due le tre 
quando aggirandosi l’alba
come un cane randagio
dentro casa.
Ah ma verrò una volta
sarà di certo nel cuore della notte
è spaiata la scelta
e saranno due i cani
ad aggirarsi
scampanellando io all’infinito
la risposta.


Cetta Petrollo

martedì 22 gennaio 2013

http://www.mannieditori.it/rivista/limmaginazione

http://www.onyxeditrice.com/poesia.html
http://rebstein.wordpress.com/2013/01/21/neon-80/

Rosaria Lo Russo. Trissonetti sul crollo della borsa. A Elio Pagliarani in memoria.

II

Non avrei mai creduto di vedere la fine
del capitalismo, dice Bruno bisbigliando circospetto
di un sorriso - che ci dobbiamo- pudichi nel ricordo
di un'amicizia adolescenziale. Macché fine
del capitalismo! Io vedo piuttosto la permanenza
dei soliti bruti, arroganza ignoranza ben dis-
sestante il potere, gomorra come prima, più
di prima, e nessuno ( io compresa) che provi per più di un secondo dis eguito un po' di ver-
gogna. Quando da ragazzini Bruno ed io
facevamo gli anarchici ugofoscoli
silvio da un pezzo faceva i berlusconi.
I soldi non contano nulla, l'ha detto il papa:
cade e si rialza e ricade come un gesù durante la via crucis.

III

Ma senza che ci si aspetti la salvezza, né ci prema.
Quelli con le borse sotto gli occhi molto spesso
sonos exy. Ma deve essere solo un leggero rigonfia-
mento di pelle spessa e accolte da un sorriso
franco e diretto. Nulla a che vedere con le bolle
di liquido nerastro o vilaceo che premono sotto-
pelle nella sottile zona bassa perioculare dei vecchi op-
pure di quella bella ragazza che ha preso dritto in un
occhio il cellulare del fidanzato per scherzo sì ma
iniettato di sangue l'occhio involontariamente non
resiste allo sprizzare odio feirno. Pietà per i broker
per i commessi per i promoter o chiccazzosono
che strillano a piazza affari non ne sneto purtroppo,
o per fortuna, e non mi preme la nostra salvezza.

da Rosaria Lo Russo, Crolli, Firenze, Le Lettere, 2012.

Vincenzo Ostuni il 31 gennaio, alle 17, a BUGE all'interno della Rassegna Puntoa capo


Giuseppe Conte a BUGE


Una poesia di Ennio Cavalli


Ennio Cavalli (da Poesie con qualcuno dentro, Torino, Nino Aragno editore, 2012)

La memoria é un lanciafiamme
manda in fumo ovili e regge,
un fienile di cattedrali.
Fonde le serrature di ginecei
e sproloqui
forza le sedi di partito
entra in argomento all'improvviso,
poi divaga.

La memoria é lucido da scarpe
fosforo sui sassi della notte
solfeggio di fontana
rincorsa di sottana.
Si estingue ma non perdona.
La memoria, come ente morale,
ha un suo statuto.
Se vuole dimentica.
Se dimentica, torna sul luogo
del delitto.
Condanna un colpevole
in barba all'amnistia
oppure lo salva dal boia
col fuoco di sbarramento
di un bacio alla francese.

La memoria ha per simbolo l'antichità di un elefante
la memoria è un ruminante
nel giardino scalzo dell'infanzia.
E' un cappotto rattoppato,
ogni toppa un lasciapassare.

La memoria si lascia coprire di insulti,
ma alla fine estrae il coltello.
E' un acrobata in volo,
un filo teso fra sé e sé.
I suoi tatuaggi sognano ad occhi aperti.
Di notte posa nuda in terrazza,
se la blocchi contro la ringhiera
ti fa mordere dagli scorpioni.

La memoria é uno spazio ribelle
seguito da un volo cieco,
la sua tana una scala a chiocciola,
un lancio col parapendio.
Nei casi più ostinati lei stessa si dichiara
figura geometrica molto simile all'oblio.


Ennio Cavalli presenterà  Poesie con qualcuno dentro alla Sala della Crociera in Roma presso la sede del MIBAC, il 25 febbraio 2012, alle ore 17.

lunedì 21 gennaio 2013

Una poesia di Vincenzo Ostuni da Faldone Zero-venti

"[...] Una poesia fra parentesi giacché altro non può darsi in una epoca di sospensioni e nessuna scommessa, vocazioni poematiche interrotte e trattenute, niente di significativo da poter oramai trarre da esperienze personali e/ o politiche." C.P. per L'Immaginazione.

Quattro figure
2.

( Ma qui è dove si perde il"come se".
                                                    è l'azzardo che le cose siano proprio loro,
senza uno scarto, un tremito, un'intesa previa).
 Da Faldone Zero- Venti, Roma, Ponte Sisto, settembre 2012

Vincenzo Ostuni  sarà alla Biblioteca Universitaria di Genova il 31 gennaio prossimo, ore 17, sala di lettura, via Balbi 3.

Rosaria Lo Russo, Tre dissonetti sul crollo della borsa

Tre dissonetti sul crollo della borsa

A Elio Pagliarani, in memoria

I

Ancora ti attirano le chincaglierie cinesi,
ancorché tossiche, le cianfrusaglie di vetro
o porcellana, il ciarpame e le scarpe alla moda.
Sei un'allegra consumista e compri diecimila
euro di azioniproprio nel mentre le borse cadono
e si alzano e ricadono sempre più fragorosa-
mente. Sarebbe comeandare alle svendite
e non comprare neppure un cappottino
mi hai detto,come una fiduciosa nel futuro
delle destre mondiali come una che sa sempre
il fatto suo quanto all'impavido incremento del
proprio capitale. Affilo le cesoiuzze e il coltel-
lin dolente, ma consapevole che un filo inter-
dentale mi sarebbe al momento meno inutile

Rosaria Lo Russo da Crolli, Firenze, Le Lettere, 2012

Una poesia di Maria Allo



Tetti bianchi come la nostra anima
cigolano silenzi
non sapevo di essere dentro
in un punto affilato del glicine prima di fiorire
*
sul crinale
la casa di pietre nude
il cancello arrugginito
i vicoli di pietrisco
la luce bianca sul tronco
un vento sulla nuca
il pianoforte muto
polvere sul ripiano

senza sfiorare la ringhiera
non so se sparire o restare
*
nubi da ogni parte
la parola rimbalza al tempo giusto
pietra anoressica
brandelli di fori nemici di foglie
si levano in alto
schegge di carni
anche dopo le parole

meglio sparire nel rosso del tramonto
nel silenzio





Maria Allo

Elio Pagliarani, bibliofilo ma non solo

Elio Pagliarani da Wimbledon, febbraio 1991, primo articolo della rubrica Libri rari,

Il mio prezioso Valery:

“ Il discorrere, che iniziamo , sui libri d’antiquariato e di modernariato ( cioè, nel secondo caso, su prime edizioni e tirature limitate, e numerate, di autori del Novecento) vuole approfittare del rapido diffondersi, da noi, dell’interesse, voga, passione persino, per il libro antico e/o raro. Lo faremo nella mniera più svagata, eterodossa ed impicciona possibile, di modo che dareno spesso un ‘occhiata anche all’interno dell’opera e della persona dell’autore, oltre che , nostro compito specifico, all’esterno dell’oggetto libro, e delle sue componenti; e ci occuperemo dei prezzi correnti, delle aste, delle librerie antiquarie più famose e di quelle più curiose, e di quelle di prezzi più modesti[…] Subito una premessa metodologica: quand’è che un libro va definito antico? Le biblioteche italiane preservano come antico qualsiasi libro stampato prima del 1900, ma mi sembra più sensato fermarsi a metà ottocento circa, perché a quel periodo si verificano, nei libri, alcuni fatti nuovi: primo, e fondamentale, muta la qualità della carta: interviene la chimica, dalla pasta di stracci ( come base della carta) alla pasta meccanica di legno, alla pasta chimica o cellulosa; il che ha diminuito massiciamente i costi della carta, favorito il rapido diffondersi della stampa quotidiana e periodica , e dei libri in edizioni veramente economiche; ed ha danneggiato gravemente , anzi inficiato strutturalmente, la conservazione dell'oggetto libro[...]
Sentite la chiusa, nessun manuale di storia del libro é così chiaro: " Concludendo un libro è antico quando è stampato su carta proveniente da stracci, non ha legatura editoriale, é illustrato con incisioni artigianali in legno, rame, acciaio"
 
Giorgio Vigolo, i suoi diari, i manoscritti

la biblioteca e i manoscritti di Giorgio Vigolo...li ho tenuti fra le mani nel 1984, controllata a vista da una governante medium. La scrittura era meravigliosa, in punta di pennino con china nera e fogli eleganti e bianchissimi. Forse dieci scaffali di diari. E il pianoforte suonò. In quell'altro anno saturnino Vigolo mi annunciò che ci sarebbe stato un grande cambiamento nella mia vita. Ciò puntualmente avvenne.
Ci sono percezioni, la carne della scrittura fa parte di questo, che annunciano fatti che sicuramente avverranno o stanno già avvenendo sopra gli stessi interessati che li negano, a volte contro la loro stessa volontà; loro ancora non lo sanno. Ma l'empatia lo sa.

domenica 20 gennaio 2013


Elio Pagliarani , i libri e le biblioteche

Ho conosciuto Elio Pagliarani nell’aprile del  1974. Mi ero appena laureata e lui abitava da solo in un magnifico, regale e bizzarro atalier -studio  in via Margutta, la strada degli artisti, nello stesso numero civico che ospitava Franchina, Riccardi, Turcato, Jandolo, Severini, per citarne alcuni, insieme a molti artigiani e a qualche attore.
Si arrivava alla sua abitazione, che poi divenne la nostra- non abbiamo cambiato casa fino al 1991, salendo per scale all’aperto che iniziavano da un tunnel sormontato da un’aquila, in mezzo a terrapieni con alberi di arance selvatiche, pruni, nespoli e acanti. La passeggiata stralunata, stralunata per me che avevo solo 23 anni ,durava dieci minuti e finiva in un piccolo slargo che dominava il cortile ed era ombreggiato da un glicine maestoso e da un nespolo. Tintinnio di gocce nella fontana liberty con i pesci rossi.
La porta della casa era brutta, scrostata e piccola. Entrando ci si trovava in un’anticamera bassa e disordinata con le travi del soffitto a vista, travi da cui pendevano letteralmente veli di ragnatele.
Una poltronaccia rosa e sfondata sotto alla finestra che guardava lo slargo e la fontanina era carica di riviste e quotidiani. Alle pareti una libreria aperta , ad angolo, costruita con assi di legno in unico blocco che occupava tutte le restanti pareti.[...]
Confesso la mia ignoranza. Non avevo mai letto niente di Jorie Graham. Ma oggi sul Sole 24 ore la notizia del premio e quella bella poesia. E ho cercato qualcosa in rete. Domani scappo in libreria. Credo che mi potrà piacere moltissimo. La sento molto vicina e non solo perché é nata nel 1950. E' comunque una poesia poematica la sua e ha un gran bel respiro. Come lei stessa dice un'assunzione di responsabilità . Ditemi se é poco.
L'Italietta é sempre più piena di intellettualuncoli. L'intellettualuncolo, come peraltro l'omuncolo, si riconoscono perché montano in cattedra. Sempre.

Se scherma fosse canterei i tuoi occhi
che ambizione ambigua illegiadrisce
e giovinezza lenta circuisce.
Te cantando nel cerchio orchestrerei

illusa spada che nel gesto stretto
i dadi pellegrini e le scommesse
scavi nervosa in punta di promesse
e d'arma in dita giocherei fioretto.

Ma se muovi per trucchi di morgana
spiriti allegri chiamo al mio servizio
che il tuo sguardo chiudano lontano

e volgano alla danza il precipizio.
Te ignaro  lascerà magia sovrana
ed in spregio d'amor d'arme perizia.

Cetta Petrollo

Da Sonetti e stornelli, Tamtam, 1985

venerdì 18 gennaio 2013


Questa mattina ha le scarpe spaiate
e i pantaloni da ragazza
e non mi sono truccata
e non è semplice questa mattina
reggere tutto con le scarpe spaiate
o col caffè che si è bruciato
o con l’adsl che va e viene
o con quel lavoro che devo iniziare e non inizio
o con quel saluto che devo dare
e non do
o con quello stuoino
o con quel tram lungo
troppo lungo
per  strette periferie
che si allungano negli anni.
Lo so sbaglierò anche il piano
mai stata brava nei riconoscimenti
delle strade e del cuore
e poi ho le scarpe spaiate
e  spaiato anche il cuore
la notte è trascorsa sopra di noi
e non faceva né caldo né freddo
con le scarpe spaiate si fa fatica
a camminare
specie poi col cuore spaiato
ma ho già comprato i biglietti
l’emozione delle scarpe
del cuore
Lo vedi?
Non mi posso fermare.

Cetta Petrollo

Una poesia di Fabiana Grasso

indicata la terra, carica
carica di lame appese ai fili
come panni incerti bianchi
d'altra parte un fiato alleggerisce
i calorosi freddi
sulla strada salita da raccogliere
è subito ombra e schianto e voce
nulla che mi dica
del mestruo giornaliero
d'attesa rinuncia al seme antico
donna in completa amnesia
e odor di utero apparente
nei punti più vicini un antefatto
per fottere e leccare ferite di vecchio


Fabiana Grasso

( la foto è stata presa dalla pagina Facebook di Fabiana Grasso)

giovedì 17 gennaio 2013

Se facessimo un conto delle cose di Elio Pagliarani

da "Inventario Privato" (1959)

Se facessimo un conto delle cose
che non tornano, come quella lampada
fulminata nell'atrio alla stazione
e il commiato allo scuro, avremmo allora
già perso, e il secolo altra luce esplode
che può farsi per noi definitiva.


Ma se ha forza incisiva sulla nostra
corteccia questa pioggia nel parco
da scavare una memoria - compresente
il piano d'assedio cittadino in tutto il quadrilatero -
e curiosi dei pappagalli un imbarazzo
ci rende, per un attimo, dicendoti dei fili di tabacco
che hai sul labbro, e perfino una scoperta
abbiamo riserbata: anche a te piace
camminare? (e te non stanca? che porti
tacchi alti, polsi, giunture fragili
che il mio braccio trova a fianco,
il tuo fianco, le mani provate sopra i tasti
milanese signorina)
se ci pare che quadri tutto questo
con l'anagrafe e il mestiere, non il minimo buonsenso

un taxi se piove / separé da Motta
Ginepro e Patria / poltrone alla prima

ci rimane, o dignità, se abbiamo solo in testa
svariate idee d'amore e d'ingiustizia.

Sai?

Un Natale che arriva in ritardo
porta le guance rosse
l’imbottitura della giacca
la pelle finalmente screpolata
(kaloderma gelé)
ti tengo ancora un poco
dentro al cuore
e nel telefonino
proprio come quello
che annusò con me
l’odore delle macellerie
la panna del latte
nel quartino
e digito che sta per cadere la neve
una neve rada e lenta e femmina
come so che ti piace
ora che mi ricordo
sui capezzoli
l’amore, dico,
rado e crudele
e lento e femmina
e digito ancora
che Natale arriva in ritardo
e facciamo prove diverse
dividendoci cose
da troppo tempo indivise
e poi chiudo la porta
e me ne vado
e poi ancora la riapro
chissà se potesse qualcuno
provare a ridere ancora
 (le prove di un Natale
 che arriva in ritardo
che, sai?,
ancora per un poco ti tengo
e rado e lento e crudele
dentro al cuore
e nel telefonino)


La casa si è ricostruita
ha preso forma di nuovo
solo possiedo un taffetà in più
a inizio 2013
che mi sta bene grigio e nero
parlando dell’inverno.
E ogni volta passo vicino alla barra
anzi vado e vengo dalla barra
come dal treno
fitto di slarghi e campanili.
La casa ha ripreso vita
dove sono le voci
dov’è la tua voce
ma la voce si è addentrata
mi é scivolata dentro
in questa doppiatura d’inverno
dove ho fatto nido sotto al solito
piumotto verde
e non ci devo pensare
troppo sono vicini i fili dei
cateteri. Cateteri
parlando di cateteri
ho passato il refe del pescatore
fra la tua la mia la sua anima
solo che più non pulsa l’ombelico
non dà dolore alla mattina
se lui e lui non c’è.
Non dà dolore.
Vorrà dire che siamo fuori dal lutto?
O fuori dall’ amore?
Che è la stessa cosa?
No. Che tutto è  rifluito dentro
si è aggiustato
dormo bene nel letto
ho imparato ad appoggiarmi alla barra
non scrivo più versi puntuti
Vedi come scrivo
con calma
e vado e vengo dalla barra
e vado e vengo dal treno
e ogni volta ti avverto
ma faccio nicchia nel letto
mi si distendono i fianchi
mi sta saldo il cuore.
E no, non sarò mai fuori dal lutto.
E mai fuori dall’amore.

mercoledì 16 gennaio 2013


Potessi dire adesso
sono i giorni della merla
il mio cuscino d’oca è sopra il cuscino
di gommapiuma
così la testa è leggera alla mattina
e il sogno che ho fatto
non lo ricordo
ma rimane la sua scia di risolto
al risveglio
e i piedi me li strofino da sola
dagli infissi entra il gelo
di prima della neve
e sono i giorni della merla
quando si spalancano
amori invernali facendo bottino di attimi
mentre le violette covano
le balaustre nerastre
lascio socchiusa la porta
per i molti film che vedremo
mi darai la corda che si dà agli aquiloni
e  nessuno  per  strada
a ispezionare il cielo.

Cetta Petrollo