Recitativi d’amore
Dimmi
dov’è che ti fa male il cuore?
Dov’è il posto preciso
magari simile al mio
nella geografia degli anni
un po’ più su un po’ più giù
dentro ai momenti
più su vicino alla gioia
più giù vicino alla disperazione
o in entrambi i casi
dov’è che perde battiti
rovesciandosi la notte
mentre sopra di essa occorre
andare
perfino bevendo punch al
mandarino
mendicando carezze
scontando l’anima
in una triste recita di versi.
Dimmi.
Dov’è che ti fa male il cuore?
Sarà alla svoltata che non
conosco
persa nelle periferie marine
dove il vento da tempo ti ha
percosso
come io nelle mie
ovale di colonne prima del fiume.
Perché certo di te questo ti
chiedo
Non dove fosti felice
dove ti spinsero
i rossori della sera
le cavalcate del sangue
le sue affrettate sporgenze
non gli angoli della gioia
le aperture di stagione
i suoi cori trionfanti
no, ma precisamente
dove ti grattarono l’anima
il posto difficile da trovare
perché tutto il resto
fila via in un respiro pulito
rimane il rantolo invisibile lì
precisamente
dov’è che fa male il cuore
Un ingresso pesante di miele
basterà
ma versalo dove le api hanno
seccato sentieri
dove alla mattina
si mischiano disinfettanti, teli
e profumi
versalo nelle garze ingessate
versalo in disorientamento
perché alla luce dell’alba
può seguire una lacerazione del
cielo
e da lì non è detto scritto
arcobaleno
versalo dove non mi vedrai da
sola
versalo in confusione delicata
attento a non gualcire niente
versalo con rispetto garbo
prepotente
avvicinami lento
il possesso di cosa?
Dimmi
dov’è che ti fa male il cuore?
Dov’è il posto preciso
magari simile al mio
nella geografia degli anni
un po’ più su un po’ più giù
dentro ai momenti
più su vicino alla gioia
più giù vicino alla disperazione
se le api hanno riempito le rotte
avendo in mente la tua di vita
da cui trassero il miele
che mi rimandi ogni giorno
in forma di parole
e se fosse semplice
così semplice
tanto, tanto semplice
non saremmo qui
nelle rotte nei ronzii
che ci sfiniscono e se ne vanno
piano
nella notte che dicevamo
che ci diciamo
mentre si versano gli anni
che mi racconti
in carezze che saprò ricambiare?
Dimmi
dov’è che ti fa male il cuore
dov’è il posto preciso
magari simile al mio
nella geografia degli anni
un po’ più su un po’ più giù
dentro ai momenti
dove ci tagliarono
ci sfibrarono in gioia di ritmi
torrenziali
lasciandoci il tempo di scrutare
il cielo
prendendo le domeniche distese sul
divano
prendendole in solitudine
perdendole
ma se la porta ha sbattuto
in faccia al vento di novembre
allo scirocco che confonde
il manoscritto di noi
se questa porta ha sbattuto
riaprendosi
sabbia sollevata di mare
sabbia di parole
Dimmi
Dov’è che ti fa male il cuore
dov’è il posto preciso
magari simile al mio
dove non ti conobbero
perché si fermarono
nei pressi dell’ormeggio
dove la barca rolla
e da te andarono verso
e da te andarono verso
gioie in forma d’amore
appagate inquietudini
necessari possessi da divorare
come quell’acqua che si spande
sul molo come quel saldo
abbraccio
come quella confusione di cielo
da superare in vista della terra?
Sicché non posso non dire
mentre si sfilano intrusioni
dal suo corpo dal mio
da ciò che fu mio un tempo
dolce da accarezzare e ora
solamente
un amo di dolore
l’obbligo del vivere
con tutte le forme possibili
Dimmi dov’è che ti fa male il
cuore
nella medesima brezza
scenderò di bacio in bacio
di bacio in bacio scenderò
aprendo le tue fibre ad una ad
una
cicatrici da accarezzare
mani da tentare
corpo da tenere
come questo vento di scirocco
che se passasse sui miei seni
rapido come i tuoi baci
che se passasse sui miei seni
lì sarebbero mappe del tesoro
più giù più giù
girando il vento
Dimmi dov’è che ti fa male il
cuore
mentre mi spazzi via
le ghiaiette del tempo i suoi
scarti a riporto
mi spazzi via ingombri,
costruzioni,
stratigrafie di vita
mi spazzi dolcemente
fino a vedermi in fondo
dove si muove l’anima in gazzella
e da qui
da quest’ultimo tuffo
non si può che procedere nuova
precisamente dov’ero da sempre
dove mi ero scordata
dov’ero da sempre
prendendomi la pelle le parole
lì dove fa bene il cuore
Dimmi dov’è che ti fa male il
cuore
dov’è che si rifugia il possesso
che sa d’essere tale
se in forma tagliata di verso
seguendomi da presso
in quadratura di ritmo
in precisa cadenza
a fronte della mia
a lei ponendo argini di forza
sbalzi di marmo a me in contrasto
nelle mani del ritmo
nelle mani
e sarà la tua, la mia, parola?
E saranno le mani
a togliere lo spazio scivoloso
per farsi largo al restare
contrattempo di corpi
contraddanza
di avere, di possesso?
Per orgoglioso intelletto?
Dimmi dov’è che ti fa male il
cuore
violando le parole
quando mi prendi o quando mi
trattieni
nella forma serrata che si apre
di fiammeggianti soste lasciando
i buchi al sole?
Dimmi dov’è che ti fa male il
cuore
dove anche il mio che batte
dimmi quanti passi
avendo tagliato gli ormeggi
si spoglia del passato che
insiste
si veste del passato che insiste
dimmi quanti passi
si veste e si riveste
piuttosto i cari ingombri da
denudare
che furono parole
dimmi quanti passi
e questa poca cosa che sono
si aprirà si mostrerà davvero?
Ritornerà in trionfo?
O cadranno all’incontro
tutti questi decenni tirandoci
indietro
nella danza fermata nell’orgoglio?
Avrai per me angoli di risposte e
io per te
in ritorno di verso carezze
lì in delicata semina
dove fa male il cuore?
Dimmi dov’è che si scherma il
cuore?
Il peso vivo l’astuta terrazza
dov’è che si scherma il cuore?
Che se proprio dovesse
trascinami in passione
solo così cadendo la maschera
sui vivi fianchi sui seni che
cercano
la coppa delle tue mani
nella mia bocca rifugio del tuo
sesso
nella tua bocca schiudendosi il
mio sesso
trascinami là dove si spoglia il
cuore
in gelosia retratta in schermaglia
in tempesta in fuga in volo della
pelle
in disperato possesso
considerando la fame il ritorno
il trionfo del seme che esplode
in dolce amaro di noi
in dolce densa salina
L’impazienza, dimmi, l’impazienza
dura come le corde che si tendono
mentre ondeggiano le barche
ma piano ondeggiano fossero
barche
che ondeggiano come appunto
questa impazienza che ondeggia
su raffigurate mani che scorrono
e tendono le corde e non si sa si
sa
dimmi dove comincia a nascere
il rollio del cuore che mi
accompagna
ci accompagna in aperto
saturnino dicembre assecondando
il rollio dei sensi l’impazienza
l’impazienza pazienza di noi
ondeggiando su nessun sonno
dentro la pelle è presa
trattenuta
dentro la mente è presa
trattenuta
ondeggiando in tremolio di pancia
in apertura di sesso verso
dove è impaziente il cuore
in apertura di sesso verso
dove è impaziente il cuore
Eppure la forma
si accresce nella mente
forma di parole in apertura
amarsi lievitando la nascita
verso forma sconosciuta
desiderata immaginata
lievitando la nascita
come cresce in sostanza
come cresce all’interno
si può certo amare una forma
nascosta come le amammo
prima che si spingessero
si spingessero oltre
dov’è che giunge a rompersi il
cuore
dov’è che giunge
a farsi male il cuore
Andando infine verso le gambe
le spalle la
pelle la schiena
la pancia le mani il sesso
in percorrenza di verso in
percorrenza di verso
tenendoti
la vita il sapore del sesso
tenendoti la vita
andando verso di te in
chiuso mezzogiorno
scendendo
respirando nel tuo abbraccio
scendendo calda nel sapore del
sesso
scendendo
respirando nel tuo abbraccio
in chiuso
mezzogiorno
mostrandoti mostrandomi
scendendo
respirando nel tuo abbraccio
nell’odore di tiglio
dove ci
attrasse il sapore del sesso
la parola il peso netto
lì dove trionfa
il corpo
lì dove si spezza il cuore
Che mi sale il cuore in palpabile
tortura
su agili gambe su
docili fianchi
sul
gonfio di me sul troppo gonfio
sul denso di parole che bagnano la terra
incontro dilagando verso il seme
bruciando la distanza in
processione di lingua
in processione di lingua cifrando il corpo
lentamente salendo
lentamente scendendo
lentamente salendo di lingua in
lingua
di fiato in fiato
da crudele a crudele morso
d’amore
nascosto strappo da crudele a crudele
mi sale il cuore in palpabile tortura
Tu crudele!
che mi tieni
in
processione di lingua in processione di verso
Assecondando le ore il viaggio
delle ore
verso le pronunce
della pelle
silenzio
verso le
pronunce della pelle
silenzio
dove tu
mormorandomi il corpo
dove ti
mormorerò il corpo
ma piano all’inizio degli occhi
in durezza di bocca
in durezza di gambe
Tu crudele!
fino alla crescita bella
che fa crescere il cuore
assecondando le ore
da te
prendendo trattenendo
il seme
il cuore
Come fosse la passeggiata per il
mercato orientale
dove
salgono gli odori delle spezie
dove porto su porto
cannella alloro maggiorana peperoncino
sacchetti di garza nera sacchetti
di me in te
sacchetti di garza rossa
sacchetti di te in me
dove chiudere l’io che non si
sveli sulla pelle grattata
la bocca così presente
porto su porto
Pietra grigia a strisce
dove tu
la nuda sera
senza ore
dove tu
in tripudio
di bocca
in tripudio di braccia
dove tu
come fosse risposta
alle navi che partono
ma non ancora abbastanza
come se esistesse una nave che
parte
ma non ancora abbastanza
verso i mostri angolari
che non sorvegliano
lì dove fa male il cuore
ignoti slarghi di quasi feste
lì precisamente si è perso il
corpo
lì precisamente dove fa male il
cuore
Ma non ancora abbastanza
venendo
l’alba infine
per tutte quelle navi che partono
a un passo
appena a un passo
quando credendoci in due
respirando
ma non ancora abbastanza
che non arrivi
tristezza in risacca
per esempio ascoltando stanotte
altro respiro
quando ieri in due respirando
per tutta
la lunga alba
per tutta la lunga alba
mentre le navi partono
in
affastellamento di ricordi
buttati giù
in
faticoso amore
slargo di tono e noi che volevamo
salire
venendo
l’alba infine
su tutte quelle navi che partono
per esempio ascoltando stanotte
altro respiro
per
esempio desiderando il tuo di respiro quando ieri
quando ieri in due respirando
lì
precisamente dove torna a far bene il cuore
Dimmi le sai contare? Le
pulsazioni del cuore
per esempio
alla sera quando poche parole
distese per tutto il giorno affannandosi
a bastarsi
ma bussano contro
i fianchi la pancia le gambe contro
tutto
il sesso bussano e continuano
e continuano a bussare
vedere
in gravità che scende il viso
fosse dicembre di navi
fosse di sabbia fosse com’era in parole
dicembre che chiude
in
virgola di luna risalendo l’andare.
Vedere in gravità bocca che
scende.
Vedere in gravità di lingua
vedere
fuori il dicembre in passi assennati verso gli scogli
vedere che si tende lungo tutto il ricordato amore
vedere lungo il corpo
vedere in girocollo
rosso
avrei ancora aperto lungo una
passeggiata di dicembre
avevamo questo sperato in virgola
di luna andando
è lì precisamente lì che torna
oscura
desiderata ripresa di noi
a ferirsi il cuore
nel conteggio che bussa.
E continua a bussare.
E’ lì precisamente lì che torna a
gioire il cuore
Dimmi dov’è che sta volando il
cuore
verso le strade strette i
giardini di limoni
le lane colorate le zip chiuse
le maniche tirate sulle nocche
e tutto il freddo sulle guance
rosse
di tutti i mari da percorrere
che troveremo certo
una casa un ritrovo un capanno
troveremo infine un mondo
(le vecchie macchine del gas le
stufette elettriche che bruciano le gambe
in inverno quando si torna da
fuori
e bruciano le gambe)
e bruciano le gambe
che sbatte sopra i jeans elastico
passo
che torna vento di mare grigio
che piomba
tappeto di alghe
due mentre vanno mentre una
va e l’altro resta
o una resta e l’altro va
e poi insieme vanno
che sarebbe bello sopra una
teiera
dov’è che sta volando il cuore
gioco da fare in lancio di baci
dov’è che sta volando il cuore
la cioccolata dei bambini
gioco da fare allegri in due
mentre uno dice
e l’altro ride
e il fumo della teiera si attacca
in appannamenti
sui vetri sottili della casa di
pietra
ad ogni modo sono andata e
tornata
che le case di pietra dalle
persiane verdi
hanno sul mare retroterra di
giardini
in bassi ulivi che strisciano
e letti di ferro battuto
col ghiaccio dell’inverno fra le
lenzuola
latta bollente in panno di lana
e io sono andata e tornata
dicendoti
e l’isola ha salite invernali
sempre troppo poco avute
avute senza dubbio quasi mai
l’isola insomma ha di questi
canti che senti adesso
quando noi
nel corpo stretti
quando noi
dirselo di gioia al rientro
quando noi
Una fame vera da portare all’alba
immaginando scherzi di parole
bloccate dai baci
immaginando gelosia di guerre
bloccate dai baci
scoppi rotture bloccate dai baci
immaginando lenzuola di flanella
come quella teiera rossa come
quelle speranze invernali
riprendendo se stesse in fatica
di attesa
come quelle parole di donna
riprendendo se stesse in fatica
d’amore
quanto difficile riprendendo il
noi
riprendendo se stesse in fatica
di pelle
nelle case di pietra girando nel
cerchio
e girando e girando
ma il corpo è orfano
non può rispondere a niente
il corpo è orfano si tende si
distende
sanguina naviga verso le ore
(vieni in me tesoro vieni in me)
Le lune sono andate e tornate
si sono accese e spente
si sono alzate e abbassate
si sono riaccese e oscurate
hanno mostrato fenditure e crepe
di sangue
in questo mese di chiasso di
folla di desideri sperduti
dove te dove io
si sono affollate per me
sulla mia pelle
tutte le lune
respirando il tuo cuore contro al
mio
respirando il cielo
come un ansante velo nero
lungo tutte le notti
(vieni in me tesoro vieni in me)
Ah la leggera vela del tuo dire…
trasognando il porto
verso la sirena che apre
(perché ancora non hai)
trasognando il porto verso la
sirena
(perché ancora non so)
dov’è che ti fa male
e dove, in quali braccia di donna
il sangue versato
(perché ancora non hai)
che nominerai solo per me per te
tutte le lune
le scriverai per me in me
( vieni in me tesoro vieni in me)
E piazza Venezia spinge in calici
di bianco scirocco
verso terre marine
se solo ci fosse anche una sola
notte da conquistare
in secondi di pelle in rifugio
solo per quella
per quella sola posso sperdermi
avvitarmi
in scia di volo
finestre aperte sopra la piazza
in transito di me
al centro della torre
aria di mare dai fori imperiali
dove gli alati aurighi contro al
cielo di piombo
trombe di storni
a scendere avvitati
verso gli alati aurighi
al centro della torre
il battito rifugiato di me
verso la cara bocca
il battito aperto di me
verso la cara bocca
in scia di volo
Potrebbero tornare le parole?
In punta di verso in punta di bacio
In dicitura di verso in dicitura di bacio
Potrebbero tornare?
O forse questo ponendosi finale
a chiudersi su spiagge mai avute
dall’inizio alla fine
dicendosi il cuore
che fa fatica il cuore.
Che tutto questo per te. Amore.
Che tutto questo per te.
Intrecciando le mani intrecciando barriere
illuminando le albe illuminando le notti
illuminando le schiene illuminando le mani
illuminando gli abbracci illuminando le gambe
i calori illuminando le bocche
illuminando candele illuminando dolori
illuminando racconti
illuminando più giù
fino alla cupa necessità d’amore
fino alla paura d’amore
fino al centro annerito in cui io in cui te.
Lanciandoti di me ricchezza
accarezzando di te durezza
barriera di sangue barriera di dolore.
Dimmi dov’è che mi fa male il cuore?
In assenza in mancanza in battito in parentesi
in sosta in slargo in freddo.
Svegliandosi la notte.
Svegliandomi i sogni nella notte.
Svegliandomi le frecce.
Svegliandomi le frecce del fanciullo crudele.
Svegliandomi immagini all’alba svegliandomi
in casa sul viale svegliandomi
la pancia il cuore
svegliandomi in fame svegliandomi in pelle
dimmi
dov’è che mi fa male il cuore?
In chiusura in dolore in andare
in tornare
in non più amare
Dimmi dov’è che mi fa
solo a me fa
male
senza me dentro me
cade
in brandelli il cuore?
Che tu ma tu
non in parola non in punto
non in bloccato verso non in sangue
non in risposta non in segno
non in scolpite forme non in risposta non in fatica
non in uscita
non più in odore in sapore in memoria
che tu ahi tu
non nella mente non nelle braccia
non nell’ incerto andare non nello scoprire
non nel tessere ritessere rispondere guarire.
Infine sì, nel morire.
Dimmi dov’è che ti fa male.
No, non ti fa
più male
e solo a me
cade in brandelli
sparge sangue crudele
infine muore
fa
male il cuore
Dimmi dov’è che mi fa male il
cuore?
Non in salire
non in mangiare non in aprire.
Non in schiusura
non nelle gambe non nella danza
non nelle bocche
non
nella terra non nel respiro
non nell’ansare.
Non in notturno sentire.
Che non mi parla più il cuore
che non dà spinte al corpo
che non dà sogni che
nuovamente
ingoia ricaccia scaccia
che non più in partenza
che non più in
rilievo
che non più in
presenza che non più in parola
in caduta di baci in caduta di sesso
in caduta di me in caduta di te
che non più nel buio che non più
in candela
che
non più in offerta.
Che non più da te a me
Dimmi dov’è che mi fa male il
cuore?
Che infine
infine
non più in canto
non più in coro
non
più in aperto amore
da me a me tornando
nella pagina bianca
in me
in me restando fra me e me rientrando
dove in quale scorciatoia di luce
in quale
annerito
in quale grotta di desiderio di preghiera
su quale pietra si rompe si
ferisce
sparge sangue tinge rosso brucia rosso il cuore
Dimmi dov’è che si è bruciato il verso
dov’è che tu che io che noi
dov’è che si è ferito il passo bloccato il passo
la rima il verso il cuore
dov’è che noi che tu che io
dov’è che il
nutrimento
dimmi dov’è il nutrire
che tu che io che noi
dov’è l’acqua dov’è il pane dov’è il latte
dove sono le stanze
della
vita della rima del verso
che tu che io che noi
dove sono andate tutte quelle stanze
di verso di rima di alba di sere di passi di storie
di vuoti di furie di spine di svolte di ombre
Ah le ricorrenti stanze…
dove sono andate le ballate le ricorrenti stanze
del verso del cuore dove le donne
ahi le donne
dove tutte quelle donne tutte quelle madri
ahi le madri
che ho portato hai portato
che mi
ferivano il cuore
tutte quelle foto che disserravano il cuore
tutti quei
cibi che muovevano il cuore
tutti quei ritmi quei passaggi quelle soste
le imperfezioni del corpo
che raggiungevano il cuore
tutta quella vita che percorreva il cuore
in percorrenza di cuore
in sacrificio di cuore
in percorrenza di verso
in spaccatura frattura di lingua di senso di cuore
Dimmi dov’è che si fa casto il corpo
in attesa di te
dov’è che si fa casto il corpo
nella cera che brucia nella cera di pelle
nel
respiro dei fianchi
nella colatura del cuore nella colatura del sesso
nella
colatura del latte
nella colatura di gocce nella colatura di me
in
trama di vene in trama di mente
in disordinati capelli
in
perdurare di fiamma in lumino finale
in rossa carta di lumino finale
nei santi nelle vergini nei mille voti nelle stanze
d’infanzia nelle stanze del presente
nell’altare del corpo
Dimmi dov’è che si fa casto il corpo
dov’è che casta l’anima diviene
dimmi dove brucia si fonde si consuma
dimagra castità nel
ricordo di noi
in attesa di te
in lunga lunga attesa di te
dimmi dov’è che si fa casto il corpo
il mio il tuo corpo
in qual luogo di
castità
a bruciare a lambire a sfiorare a circondare
dove tu sei passato a bruciare a negare ad esserci in attesa
a per-donare
fino a che
fino a che
sarà bruciato consumato finito
sacrificato il casto corpo
Il mio casto corpo finché diventerà
la
tua fiamma il tuo corpo
finché sarà sciolto dissolto bruciato
in attesa di te consunto il mio corpo
Da Passeggiata in tre tempi e altre poesie ( 1984-2013)
Sono così felice di poterti leggere!
RispondiEliminaQuasi mi fa male al cuore tutta questa bellezza in parole...
Sai,come quando ci si sente impazzire ascoltando una bella musica, osservando un dipinto, una scultura, un paesaggio, così le tue parole in versi mi portano quasi le lacrime agli occhi. Mi è successo a Louvre, a Roma ed ora nel tuo blog.
Carissima Alessandra,
Eliminanon so se merito questo tuo generoso e caldo giudizio, il fatto é che la presenza in empatia di un interlocutore sensibile e attento come te é fondamentale per la scrittura e quindi ti sono grata perché la scrittura vive della relazione e della condivisione delle emozioni. Metterò nel mio blog anche altre poesie di scrittori che amo e che mi piacciono e spero che continuerai a leggerci e a parlare con noi nell'attesa di conoscerci anche personalmente. Ciao, io vivo a Roma comunque e quindi se dovessi venire potremmo conoscerci. Il 14 c'è una bellissima manifestazione artistica alla Crociera, biblioteca da me diretta. Fammi sapere. Ciao!
sarebbe un onore immenso conoscerti ed essere presente ad una manifestazione artistica per poter così conoscere da vicino una realtà culturale così arricchente e dispensatrice di doni per la mente, il cuore e lo spirito.
RispondiEliminaMercoledì 9 gennaio sarò in Sicilia per una settimana, presente ad una biennale d'arte che vede esposta una mia opera dopo aver superato una selezione scientifica.
Sono veneta, di Vicenza, la città del Palladio. Non mancherò di venire a Roma per conoscere la il prima possibile o in qualche occasione d'incontro.
Un caro saluto
Allora auguri per la tua opera in mostra! care cose, Cetta
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