martedì 10 dicembre 2013


Può essere lanciata una carezza
può essere lanciato un abbraccio
può essere lanciato per telefono
per la precisione un telefonino
si può così seguire sentire
una serie di tramestii
esterni interni
tu hai l’anima che sobbolle
e nessuna cuoca a girartela col mestolo
io ci provo di tanto in tanto
transitando per la cucina
dei tuoi bisogni  
torno forte così proprio arzdora
cosa che tu apprezzi
come quella spezia che fa bene
al fegato o quella tranquillità
che manca.
Mettiamocela tutta a stare tranquilli
fra i fumi che emanano le nostre cucine
così non ci perderemo
come in effetti sta accadendo accade
e lo so ragazzi che questa non è una poesia
lo dicono Guido Galeno Rosaria non so
lo dicono ma chissenefrega
Frixione si tormenterebbe gli occhi
nessuno mi darebbe un soldo
per questi versi imbecilli
quattro versi da niente
ma io in questo momento sto ciabattando
fra la tua e la mia cucina
Sobbolle l’ anima
aggiungo sale e poi rimesto
infine al paciugo aggiungo
qualche scia di carezze
che svaporano calde
che adesso è inverno
e tu per star bene

hai messo la porta al camino.

Cetta Petrollo

domenica 27 ottobre 2013

Se questa terra gelasse

Se questa terra gelasse
dopo potrebbero nascere fiori
se quest'erba seccasse
la rasura sarebbe provvisoria
e dalla carta grattata
potrebbero rifarsi parole
( io porto oli bende vasi anfore)
se questa tomba si chiudesse
potremmo di nuovo costruire
una città
se quest'inverno esplodesse
facendoci toccare il dolore
non ci sarebbero più figli
che si presentano
né sanabili mali
non ci sarebbero pie donne soccorrevoli
(io porto erbe mediche
io porto il cuore)
se corressi di corsa corressi
verso la vecchiaia
dove vanno gli anni radunandosi
intorno alle feste della morte
se con me la morte
finalmente danzasse
e io che da anni la corteggio
me la vedessi arrivare
cinica come una ragazza
se tutto ciò passasse
come deve
nel lento fulmine dell'alba
nello schianto del non ritorno
io potrei dirti dentro
"non basta la sequenza delle rime
a segnare la strada
(io porto garze e lenzuoli)
chiudo la porta la serro
per ogni impossibile resurrezione".

venerdì 18 ottobre 2013



Andarmene da me
è cosa facile.
Basta chiudere le porte
ad una ad una
e guardare nel viale.
Li ci sono sempre
i tuoi bambini.
E prendo i tuoi occhi prendo

e finalmente piango.

Cetta  Petrollo

venerdì 20 settembre 2013

La bella pelle dell'amore



La bella pelle dell’amore
risplende
così abbiamo passato l’equinozio
e la bella pelle dell’amore
risplende
risplende tranquilla senza fretta
mentre solo su un fianco
dimostra il suo bilico
la bella pelle dell’amore.
Intanto mi hai tenuta
nella bella pelle dell’amore.
(Amor che dato sia
casto mi prende)

Cetta Petrollo

mercoledì 18 settembre 2013

TUO



Il tuo entra dentro
allo stomaco
e non lo lascia respirare.
Può respirare uno stomaco?
no, non può.
Ancor meno lo può se il tuo
arriva e ci si piazza sopra
ci si piazza spiazzante
come un prato che si è
a lungo evitato
come una rima baciata
come un interregno di favole
come il pozzo nascosto
la briciolina nel bosco
ci si piazza e la pancia
insieme alla mente
fanno festa
mentre il tuo dà un pugno
alla tua vita
la prende a cazzotti
che è quello che volevi
per quello lasci
la veste aperta
e la finestra.

E il cuore.

Cetta Petrollo

giovedì 12 settembre 2013

Genova Piazza Banchi

A Piazza Banchi
dove la banca si rompeva davvero
banca rotta  che finisce estate
per sottoripa correndo
davanti alle cassette in pietra
delle denunce
tiro un lungo fiato fino
alla conclusione mi sono sbagliata
mi sbaglierò ancora
la mia banca con fracasso si è rotta
ma di rotte ne abbiamo due
tu dai i numeri del percorso
io li metto insieme
numerologia fantastica
si potesse evitare
ora che cresce luna

in due la distruzione.

Cetta  Petrollo

E tu mi dici torna presto.



Questa sera vado a letto tranquilla
sotto una coperta calda di parole
sotto a una debolezza
sotto ad un abbraccio
sotto ai portici di sottoripa
vado a letto
vado a letto con ignatia
la pancia serena
senza il buco
intorno all’ombelico
la colite abbandonica
le frasi in fila i libri pure
questa sera vado a letto
con tutto quello che sono
perché l’estate sta trascorrendo
e settembre gira
da certe parti stravaganti
che fino a ieri
non avremmo mai immaginato
settembre è un battello
di maestrale verso Pegli
e tu mi dici
torna presto.

Cetta  Petrollo

mercoledì 11 settembre 2013

Le cose gentili.



La ragione ce l’hanno sempre le cose
e se le cose sono gentili
ti prendono con te
e tu non le lasci andare
te le curi dentro
le coltivi come in una serra
dai a loro acqua e concime
le chiudi nella bolla
sospesa del cuore
non importa in quanto tempo cresceranno
che questo non è dato sapere
dipende dalla piantina
una uguale a un’altra infatti
non ce n’è
il pomodoro non è come la zucca
la lattuga come una zucchina
un corpo è diverso da un altro.
questo se le cose ti prendono con sé.
se non ti prendono
lasciale andare
foreranno la serra
come certi acanti che hanno le spine
e poi si seccheranno.
Si seccheranno ci potrai fare
sopra un piccolo temporale di stagione.
Però questa mattina
dalle 8 alle 9 tu hai sentito
il mio temporale
E hai portato le tue di cose gentili
hai preso le medicine con me
con me hai fatto la colazione
con me fatto la doccia
con me hai dato un colpo di vento.
Le tue cose gentili
sono già un po’ dentro
la mia  bolla
e forse hanno già bisogno di me.

Cetta  Petrollo

lunedì 2 settembre 2013

Queste stazioni.


Queste stazioni sono state vibranti
sono state cupe
sono state leggere.
Queste stazioni sono state colorate
di rosso di freddo di blu
che era inverno e poi era estate.
Queste stazioni adesso
sono improvvise.
Sono magiche sono fantastiche
Sono notturne sono ridenti.
Arrivano da tutt’ altra parte.
Hanno niente di luna.
Non parlano.
Mi nasconderò dietro alla colonna.
Dietro alla colonna
mi nasconderò
per vederti arrivare.


Cetta Petrollo

In cerchi concentrici



In cerchi concentrici è mancanza.
In cerchi come onde concentriche
è mancanza.
E’ mancanza di ora in ora
di giorno in giorno è mancanza.
Acchiappa l’intelletto
Tienilo fermo.
Tienilo fermo nell’angolo.
Tienilo fermo sulle parole.
Tienilo. Non lo fare scappare.
Su di lui galleggia
fino all’abbraccio.

Cetta  Petrollo

Queste stazioni


Queste stazioni sono state vibranti
sono state cupe
sono state leggere.
Queste stazioni sono state colorate
di rosso di freddo di blu
che era inverno e poi era estate.
Queste stazioni adesso
sono improvvise.
Sono magiche sono fantastiche
Sono notturne sono ridenti.
Arrivano da tutt’altra parte.
Hanno niente luna.
Non parlano.
Mi nasconderò dietro alla colonna.
Dietro alla colonna
mi nasconderò

per vederti arrivare.

Cetta Petrollo

martedì 20 agosto 2013

Favola.



Il macchinista con la testa fuori
dal finestrino
la bandierina
tutte le passeggere
a chattare sul telefonino
fine d’estate
fra campi di girasoli
o inizio?
Dici che è una favola.

Confermo.

Cetta Petrollo

giovedì 8 agosto 2013

Adoro lo sai i viaggi al sud



Mistura di streghetta
col pelo della monaca
il coglione del diavolo
l’arancia la rapa rossa
le centrifughe buttate
la puzza dei convegni in digeriti
ferronando
quando eravamo nei pressi
io con la bimbetta
tu in gestazione
un’ altra volta.
Ma ancora c’è tutto
(insomma quasi tutto)
di quello che conoscemmo
sconoscemmo
indaffarati incazzosi
nei pressi ci stavamo
come quel gruppo
che non se ne può più
quando ora vogliamo
solo pizza e pasta al sugo
 e morrone di gambero
nel porto  nel vico
magari sfregandoci i piedi.

Accordiamoci  sul  poco
misura bassa ma
scrittura che cresce.
Fattura.
Ecco! Anche ci vuole rammento
l’artiglio del diavolo
il garofano d’inverno
la spina del cactus.
Che sono bella
lo hai visto
tutte le notti transito come
una pulsazione
magari chiusa al cesso
nell’angolo della vasca del bagno
(che non sentano
gli improbabili amanti
smarriti fra le stelle)
Bella come una strega
che trascorre
il cielo come le tue  Ipazie
che scappano ad una ad una
fuori dai manoscritti
bucando le  biblioteche
di cui niente so
tranne che sorellanza.


Adoro, lo sai, i viaggi al sud.

Cetta   Petrollo

martedì 6 agosto 2013

La luna che non c'è.



La luna che non c’è
impazza sulla terrazza.
Benvenute le zanzare
che si saziano della pelle.
E’ un lungo nastro
quello che si dipana
per bricioline
fino alla risposta.
Fino allo star bene
forse
fino alle due
le tre di notte.

Cetta  Petrollo

Paella



Cucinami la paella
mentre salto da un forno
a un altro
leggera sulle frange gialle
come l’indianina che ero
mentre fumavi la pipa.
Ecco! Ascolta! Qui mi ricaricano
a riso tostato e mazzancolle
un vino di Romagna
e un sorriso.
Ma il più avviene la notte
anzi avviene adesso
in un peregrinare
di versi e finestre
nell’attesa del  sud smarrito
che avanza verso l’adriatico.


Cetta  Petrollo

lunedì 5 agosto 2013

E' l'emicrania che odora



Ancora ci agguantano
i marosi del corpo
sono le sbavature
delle sofferenze
quando si impiglia un sorriso
e si strappa.
E’ emicrania che odora
dalla bocca
la  giovinezza sporca.
E mi alzo di notte
osservandomi le mani
le vene in superficie
Sarebbe bella
la stretta dell’ascolto.
Sarebbe bello
uscire come faccio
sopra ai miei anni
nessun viandante intorno.
C’è tempo?
C’è ancora tempo.
Rivedere i pescatori
che riammagliano le reti.
Vederle appese.



Cetta Petrollo

Percorso di parole



Percorso di parole notturne
dove si incespica come nei boschi
che hanno  radici
a fior di terra
Ma io perché mi avventuro?
Perché aspetto di urtare
la vena indurita
appoggiandomi alla tenerezza
della voce?
Perché numero le notti
e preparo risposte di parole?
La voce che seduce.
La cascina.



Cetta Petrollo

domenica 28 luglio 2013

Un altro Ferragosto



Un altro ferragosto
non familiare
un ferragosto
come le balle di fieno
quelle che i pittori
 dipingono gialle
e seriali e  lente
mentre va il treno.
E il treno potrebbe andare al Sud
un treno
con le carrozze sporche
i finestrini inchiodati
il rumore se li apri
il vellutino grigio
il prurito per via della polvere.
Il ragazzo col cesto dei panini
le lattine ghiacciate
è salito al paesino
prima del prossimo.
Il prossimo è Ferragosto
e non ci sarà
nemmeno un taxi
alla stazione.
Cetta Petrollo

Un silenzio fitto.



Un silenzio fitto di parole
come le cozze piccole
che seminano la sabbia
i gusci rotti delle telline
l’immondezza del mare
che si preme sotto pelle.
Un eco che non torna
una notte che non si apre
quello che  si dice
nei fianchi
nei capelli indecenti
nelle unghie che crescono
nei peli che si ostinano
in quello che spudoratamente
in ogni  minuto di fame
di respiro
avviene.
Cetta Petrollo

Il cielo è compresente.



E va bene così.
Il treno passa come sempre.
La pelle è calda per il sole
della settimana.
Il cielo è compresente
come cantava il poeta.
Io cerco la mia grazia.
La cerco negli orli a giorno
del mattino
cerco poi qualcuno
che la sciolga
come il fondo
di una granitina
al  limone.
Oppure potrei sbiadire
il blu in un indaco slavato
annodarmelo sui fianchi
fino alle caviglie tese.
Potrei insomma fare
tempesta
ci fosse una corrispondenza
da una città all’altra
ci fosse una corrispondenza
di quelle che si intruppano
in un bar e riprendono poi
di notte
senza sapere l’ora.
Cetta Petrollo

giovedì 25 luglio 2013

Il posto sarà tutti i posti.



L’ordito è fatto di parole
che  la pelle lascia scivolare via
come il vento
da finestra a finestra
nel corridoio della casa.
Ho i sandali gialli.
Sono leggera.
Aspetto di partire.
Il posto sarà
tutti i posti.
La luna sarà
ancora rossa.
La terrazza spalancata
il crocicchio infinito.
Io sono mille ragazze
e le tradisco tutte.

Cetta Petrollo

mercoledì 24 luglio 2013

Un nome proprio.

Un nome proprio
reca un simbolo.
Da un simbolo noto
a uno ignoto.
Da luogo noto
a luogo esotico.
Non so quale territorio
sia il mio corpo
quale nome simbolico il mio.
Ma queste lettere
queste voci notturne
si muovono calde.
Immobili prima dell'alba.
La differenza la fa
il treno che parte.

Cetta Petrollo

lunedì 22 luglio 2013

Habel Nasshab, sei bello tu, Aldo Palazzeschi

Habel Nasshab, sei bello tu, 
con quegli enormi calzoncioni blu! 

È il fido, il solo. 
Il fido custode, il solo compagno; 
il solo che trova dischiusa ogni porta 
davanti al suo passo 
qua dentro. 
Mi segue e non sento il suo passo, 
siccome un pensiero cammina, 
un dolce pensiero che guarda 
con occhio di calma e di gioia. 
Io dormo, egli veglia. 
Ai piedi del letto egli veglia: 
di rado egli dorme, brev'ora. 
Mi guarda sereno, mi segue, mi serve. 
Non cenno, 
non sillaba ad Habel bisogna, 
non parla, 
cogli occhi soltanto mi parla, 
cogli occhi gli parlo. 
Io prego, 
io son genuflesso a piè del mio altare: 
mi guarda commosso. 
Talora mi volgo: 
gli scopro negli occhi bagliori lucenti. 
Talora grandissime lacrime 
si avanzan dagli occhi di Habel, 
s'ingrossan, 
si fanno convesse siccome una lente, 
mi fanno d'un tratto vedere 
intero 
l'immenso mistero d'oriente. 
Oh! Gli occhi di Habel. 
I palpiti verdi smaglianti dell'acque, 
l'azzurro del cielo, 
del mare profondo, 
e l'arido biondo di sabbie 
che dan lo sconforto, 
che dicon di sguardi perduti 
davanti al mistero d'ignoto infinito. 

Ei pure talora s'indugia a pregare, 
pregare il suo Dio, 
(non ho anch'io il mio?) 
Talora... Talora... 
non so... ma la pace si parte dal cuore, 
non so che mi prende, 
non so che mi sento... 
bruciare negli occhi imperiosi le lacrime... 
un nodo alla gola mi serra... 
la pena il cuore m'invade e mi preme, 
smarrisco la luce che guida e che tiene... 
e grida d'angoscia prorompon dal petto, 
e grido, e grido: 
"Vogl'ire! 
Vogl'ire lontano! 
La vo' far finita l'orribile vita. 
Aprire la sudicia porta e fuggire. 
Vogl'ire nel mondo, nel mezzo alla vita, 
vogl'essere uomo, 
amante vogl'esser, guerriero, 
vogl'ire lontano a gioire, 
vogl'ire lontano a morire". 
Mi guarda, mi guarda, 
s'avanzan dagli occhi del fido 
le lacrime grandi, 
s'ingrossan, 
si fanno convesse siccome una lente, 
mi fanno d'un tratto vedere 
intero 
l'immenso mistero d'Oriente. 
"No Habel, non pianger, 
ritorna la calma, sta' certo, 
lo sai... 
rimango rimango." 
E tornan le braccia 
sul corpo cadenti, 
ritorna lo sguardo al suo sonno: 
le lacrime vedo 
negli occhi di Habel rientrare... rientrare. 
"Rimango rimango, sta' certo, 
lo sai..." 
La pena di Habel 
la pace rimena al mio spirito intera. 

Habel Nasshab, sei bello tu, 
con quegli enormi calzoncioni blu! 


Aldo Palazzeschi - Poesie 

domenica 21 luglio 2013

Eppure è bello.


Eppure è bello.  
Quando la tromba d’aria
ti dà la libertà di essere sveglia.
di allungare le gambe
sotto a un lenzuolo
di avere il piacere del freddo
di aspettare
che riparta il ritmo
da assecondare all’alba
come nell’amore
e nel frattempo
avere sentito cosa c’è dietro
da quale parte sia venuto
il vento  intravvedere

l’occhio della tempesta.

Cetta Petrollo

Fra gli scuri delle persiane.


Fra gli scuri delle persiane
passano molti amori
Il letto ha una convinzione
che proviene
da qualche antico decennio
il cuscino circonda
la testa leggera
i papaperi non hanno profumo
come questo tranquillo pulviscolo
a mattina inoltrata.
Trovo il ritmo
che sarà il mio
è  vicino come le porte
aperte  attraverso un’estate
oscillante dove la valigia
è nell’angolo,
arancia.
Si tratta dunque di accordi
ma finché non avviene
non si forma l’attesa
Il tempo non scivola tranquillo
verso probabili carezze.

Oggi l'estate ha il fresco
delle albicocche di giugno
quando si andava in chiesa col velo
la pelle sazia.


Cetta Petrollo

sabato 20 luglio 2013

FELICE. FELICE: FELICE.

F  E   L   I   C E.
http://www.youtube.com/watch?v=yEoHFzEmld0

L'anno giusto.

Questo è l’anno giusto.
Ne ho tutti i segni.
Mi sono incattivita
guardo la gente con una certa distanza
rispolverando le lezioni
di storia e i racconti
su Elisabetta e Caterina di Russia.
Ho definitivamente deciso
che non farò nessun lifting
ho persino comprato
le scarpe basse riducendo
le collane quel tanto che basta.
Questo è l’anno giusto
e penso che prenderò un aereo
per tornare a Santa Monica
e penso che prenderò una casa
nei pressi del Porto antico
o anche in alto
dove entrano le campane.
Sarà per sentire di domenica
le prediche di Farinella
e la settimana dopo
lavarmi l’anima da sola
in piazza San Pietro.


 Cetta Petrollo

Tre case. Tre amori.



Oramai ho tre case tre luoghi tre amori
come ho tre mattarelli tre taglieri
tre macchinette del caffè.
Nessun luogo sa cosa faccio
in quell’altro.
La comunicazione si interrompe
quando prendo il treno.
E’ lì che accade il miracolo.
Io transito e transitando sparisco.
A tutti gli uomini che
non mi hanno voluta
dico: peggio per voi
che non sapete cos’è
una trasmigrazione
un cambiamento
un volo a bassa quota
un esercizio di stile
una sorpresa un vestito mai visto
una leggenda una favola
un vetro che sbatte
fino a che non si rompe.
Da quelli che mi hanno voluta
invece sono scappata
tranne che da uno.
Ma era uno speciale.
Tutte le mattine misurava
la giornata.
E non se ne curava.

Cetta Petrollo

Una rappresentazione dell'amore.


Una rappresentazione dell’amore.
Una rappresentazione dell’amore
si fa col cuore o forse con la mente
si fa con entrambe le cose
cercando di imbrogliare le carte
e gli attori rimangono confusi
nelle loro parti non riescono
a cambiare l’abito rapidamente
quando c’è il cambio di scena
si sono troppo calati nella parte
si sono mischiati dentro
fra verità e bugie.
Così ci sono parti che rimangono
dentro per troppi anni
troppi mesi troppi giorni.
Il suggeritore è occulto
ripete le stesse cose
a commedia finita.
Ma la scena è solo la scena.
Si può uscire dal teatro
percorrere il foyer
uscire dall’uscita secondaria.
In fondo alla piazza
cercano altri attori.

Cetta Petrollo

mercoledì 17 luglio 2013

La casa a Genova

Questa sera a piazza Lavagna
non so dove va il vento ma ti sento.
Come nell’ottobre 2011
che un vento passò
e proprio in quell’angolo
cambio la direzione e chi l’avrebbe detto
un minuto prima mi pareva
ed un minuto dopo virò la rotta
e la passeggiata fu continuata.
Così adesso c’è un folletto
che mi tira per i capelli
e un altro per la coda
sei abbastanza romantico
per dirmi ciò che valgo
senza convinzione
così non c’è troppo da credere
se non forse in un letto
senza troppe pretese
e sei pieno di donne che non guasta
con eleganza le racconti tutte.
Ti avverto che ho una gonna balorda
che metto quando mi pare
che sposai un poeta
che era grande
il che non depone certo
a mio favore
quanto a giudizio
e consuetudine
che m’innamoro rapida
e poi ci metto tanto
a smemorarmi
che abito infine in una piazza
dove insistono gli aurighi dell’amore
e che qui fra le puttane
di vico Maddalena
compererò casa
così  se vieni a Genova
ti potrò ospitare.


Cetta Petrollo

martedì 16 luglio 2013

Vecchiaia 5. L’uomo di potere.


Vecchiaia 5. L’uomo di potere.

L’uomo di potere
non si rassegna.
E’ irruente ancora
si cura la glicemia
venuta quando era bulimico
per l’ansia di raggiungere
tutto ha gli occhi
in conflitto col mondo.
Non si intende di niente
tranne che di potere
ma il potere gli sfugge.
Sta lasciando molto di sé
altrettante bulimie
inquietudini in mogli amanti
figli nipoti compagne
sudditi falsi amici.
Nel  giardinetto a spiaggia
in città in paese
col giornale aperto
che non legge.

Cetta  Petrollo


Vecchiaia 2. La Lia.


Vecchiaia 2.
La Lia.


La Lia invece conservava tutto
lo spago delle paste
Il bottone scucito
l’elastico ripiegato
la carta per pacchi
le buste del pane.
Ci vollero tre mesi
a sgombrare gli armadi
la cosa affondava radici
nell’Ottocento
con le ricette delle zie monache
le foto ingiallite
dell’Arenella  gli orecchini
spaiati
le fedi dei nonni
sopravvissute
le batterie da cucina in rame
alluminio inox
i cerchietti le creme
i vestiti i soprabiti le borse.
La libreria in fila unica.
Le enciclopedie a dispense.
Ci vollero tre mesi.
Anche l’argento era tanto
tanto anche l’oro
ma avevano la dignità
del piatto sbrecciato conservato.
Di buon accordo si divisero
le cose e le ricette.

A me  pelle e tenacia.

Cetta Petrollo

Vecchiaia 4. Il vecchio del piano di sopra.



Vecchiaia  4
Il vecchio del piano di sopra.

Il vecchio del piano di sopra
il piano di sopra al mare
non so come si chiama.
Non esce di casa
sta su una sedia a rotelle
e dal balcone
sacramenta tutti
multa le auto in sosta
chiama la polizia
invidia le ragazze.
Non c’è amore che basti
nemmeno la figlia.
Anni fa sono andata
che era morta la moglie
senza testa ma lui rideva
contento di essere
ancora al mondo.

Cetta  Petrollo



Vecchiaia 3 La Pasquina.


Vecchiaia 3
La Pasquina

La Pasquina non faceva che aprire.
Teneva la chiave nella toppa
dall’esterno
e la porta socchiusa
i vetri aperti
le ante spalancate
sicché i primi albanesi
che venivano al mare
per campare
si arrampicavano sulle grondaie
ma non la derubavano
che le sue grida
arrivavano a spiaggia.
Ma una volta il vicino
entrò e rubò tutto
cioè le cose della nuora
pasticciona che giudicava
saggio lasciare le porte
aperte invece il figlio dormiva
di pomeriggio del sonno
dei poeti un sonno pieno
di fiducia nel mondo.
Poi è venuta a Roma
lasciando tutto spalancato.
La nuora è tornata là
E si è salvata qualcosa.

Cetta Petrollo

Vecchiaia 1 . La Lina.


Vecchiaia 1
La Lina

La Lina cedeva pezzi della sua casa
ognuno che andava
portava via qualcosa
un quadro una borsetta
un libro un crocefisso
una pentola un coperchio
un santino un’imbottita
una coperta marrone
di quelle della guerra
una cintura un bracciale
un orecchino.
La Lina era rimasta
con la rete e il materasso
la madonna di ceramica
quattro piatti una tenda
per decenza, una badante
per fortuna, una saponetta
e lo shampoo nel bagno.
I libri portati via dagli amici.
Ma non era per soldi
che ciò accadeva
era per consunzione.
Non come quel tale mi sovviene
che era indebitato e lasciò
tutto alla biblioteca
ma quando andammo l’amministratore
per far fronte ai debiti

aveva venduto tutto.

Cetta Petrollo

Dici perché enumeri tutte queste impoetiche cose?



Un sipario che cambia
non è detto che sia
più bello più brutto
solo cambia
ma non tutti lo vedono
rimangono fermi
nella quinta di prima
non assecondano
il cambio di scena
allo specchio
con applausi insolenti
non contano
le insofferenze le polveri
le minuzie le stasi le virgole
le emorroidi le anche le caviglie
le ginocchia i disequilibri.
Dici perché enumeri
tutte queste impoetiche cose?
Perché lo fai con unghiate di parole
non richieste,  indecenti?
Perché enumeri gli angoli
gli intruppamenti le intolleranze
le birre non digerite
i panini i fritti le mancate erezioni
gli orgasmi episodici
perché dunque enumeri
tutto ciò che accade non accade
come una batteria di cucina
accatastata in fondo all’armadio
ammaccata bruciata
perché vuoi liberare le cantine del cuore?
Perché con esatta scienza passi
da un corpo incosciente
ad un corpo cosciente
ragionando sugli artifici
sui tranelli dello spirito
che ancora crede alle luminescenze?
Ma dunque non  vedi di profilo
la carne fuori dalle mutande
l’intelletto fuori dal cuore
il cuore fuori dalla vita?
E ancora qualcuno tira l’acqua
al suo mulino
per illuderti con un canto
fatto solo per alcuni
un coro serale che rotola verso
una valle non tua
la tua essendo indietro
troppo indietro molto indietro.
E già tutta bruciata.
Il segreto per un’eventuale salvezza
ricordare Loth.
E non voltarsi.

Cetta Petrollo

Kabbalah


C’è qualcosa di esagerato
nella vecchiaia
se è come gli acini
di vite selvatica
che non maturano mai
non si disfano in bocca
se si scontrano gli occhi
luminosi troppo
con la pelle cadente.
C’è qualcosa di vergognoso
nella vecchiaia
qualcosa che nessuno canta
per non misurarsi fino in fondo
fino in fondo raccogliere
la pattumiera della vita
(sarebbe come cantare
l’acidità del cuore
la pelle sottile
gli spigoli i tornaconti
il grasso che fatica
a sciogliersi.
Nessuna bibbia può spiegare questo.
I grandi vecchi sono come quei fiori
di roccia che non nascono sempre
(ogni mattina mi stringevi le mani
mi chiedevi: mi sposi?) .
Il parto di Sara  non si ripete
La kabbalah non si manifesta.

La statua è di sale.

Cetta Petrollo

lunedì 15 luglio 2013

BUGE E LA POESIA

Perché organizzare eventi di poesia? Ed è importante e utile organizzarli? Chi può dire se una poesia vada ascoltata e letta e un’altra no? Chi può dire se una poesia sia necessitata? Un testo abbia la forza per sopravvivere al suo autore? Non sono in grado di rispondere a queste domande e tuttavia ho qualche certezza: che le biblioteche e l’amministrazione dei Beni culturali abbiano il dovere – e ciò è scritto anche nella loro missione istituzionale-  di proteggere e far circolare e vivere le cosiddette risorse intangibili e la poesia lo è, lavoro senza committenza che va ben al di là del testo scritto e pubblicato, che nessuno può essere giudice di ciò che è e non è poesia essendo la poesia come tutte le arti un fatto contestualizzato e contestualizzabile e i generi della stessa essendo moltissimi.
Possiamo solo osservare a margine quanto già diceva Leopardi: il discrimine dovrebbe essere l’accrescimento di vitalità.
Dunque noi di BUGE ci stiamo provando e non pretendiamo di  fare bene: facciamo e dunque siamo soggetti a critiche. Solo l’abulia  non si presta a critiche.
Certo autori come quelli che abbiamo letto e ricordato finora : Caproni, Sbarbaro, Montale, Sanguineti,  Porta, Balestrini, Pagliarani fino ai contemporanei viventi, ne cito solo alcuni, Conte, Cucchi, Galluccio, Berisso, Gentiluomo,  Frixione,  Ercolani, Sitta, Frisa, Fusco, Riviello, Ostuni, Calandrone , Lecomte, sono presenti nelle storie della letteratura e nelle più importanti antologie. Che si sbaglino proprio tutti? In ogni caso è preferibile sbagliare per eccesso – come chi trova sempre belli i libri che recensisce ad essi aderendo – piuttosto che per difetto, come chi per innata acrimonia o per motivi del tutto personali si diverte a deprezzare il lavoro svolto da tante persone il cui senso è quello di, ancora una volta, sottolineare che l’economia di una società non è solo quella finanziaria.
Infine non tutti hanno il tempo e la fortuna di potere passare le loro ore a leggere – i libri costano e il lavoro domestico e pubblico consuma molte energie – ma tutti hanno forse due ore libere per potere ascoltare versi e prose. Meglio se all’aperto. Meglio se d’estate.
E comunque Genova –Voci è già al suo secondo anno ed è passata attraverso i luoghi culturalmente più importanti di questa meravigliosa e vitale città.
Con i migliori auguri di BUGE


Cetta Petrollo 

venerdì 12 luglio 2013

Arthur Rimbaud, Il Battello ebbro.

Poiché discendevo i Fiumi impassibili,
mi sentii non più guidato dai bardotti:
Pellirossa urlanti li avevan presi per bersaglio
e inchiodati nudi a pali variopinti. 

Ero indifferente a tutti gli equipaggi,
portatore di grano fiammingo e cotone inglese
Quándo coi miei bardotti finirono i clamori
i Fiumi mi lasciarono discendere dove volevo. 


Nei furiosi sciabordii delle maree
l'altro inverno, più sordo d'un cervello di fanciullo,
ho corso! E le Penisole salpate
non subirono mai caos così trionfanti.

La tempesta ha benedetto i miei marittimi risvegli.
Più leggero d'un sughero ho danzato tra i flutti
che si dicono eterni involucri delle vittime,
per dieci notti, senza rimpiangere l'occhio insulso dei fari! 

Più dolce che ai fanciulli la polpa delle mele mature,
l'acqua verde penetrò il mio scafo d'abete
e dalle macchie di vini azzurrastri e di vomito
mi lavò, disperdendo àncora e timone. 

E da allora mi sono immerso nel Poema
del Mare, infuso d'astri, e lattescente,
divorando i verdiazzurri dove, flottaglia
pallida e rapida, un pensoso annegato talvolta discende;

dove, tingendo di colpo l'azzurrità, deliri
e lenti ritmi sotto il giorno rutilante,
più forti dell'alcol, più vasti delle nostre lire,
fermentano gli amari rossori dell'amore!

Conosco i cieli che esplodono in lampi, e le trombe
e le risacche e le correnti: conosco la sera
e l'Alba esaltata come uno stormo di colombe,
e talvolta ho visto ciò che l'uomo crede di vedere! 

Ho visto il sole basso, macchiato di mistici orrori, illuminare lunghi filamenti di viola,
che parevano attori in antichi drammi,
i flutti scroscianti in lontananza i loro tremiti di persiane! 

Ho sognato la verde notte dalle nevi abbagliate,
bacio che sale lento agli occhi dei mari,
la circolazione di linfe inaudite,
e il giallo risveglio e blu dei fosfori cantori!

Ho visto fermentare enormi stagni, reti
dove marcisce tra i giunchi un Leviatano!
Crolli d'acque in mezzo alle bonacce
e in lontananza, cateratte verso il baratro!

Ghiacciai, soli d'argento, flutti di madreperla, cieli di brace!
E orrende secche al fondo di golfi bruni
dove serpi giganti divorati da cimici
cadono, da alberi tortuosi, con neri profumi! [...] 

Quasi fossi un'isola, sballottando sui miei bordi litigi
e sterco d'uccelli, urlatori dagli occhi biondi.
E vogavo, attraverso i miei fragili legami
gli annegati scendevano controcorrente a dormire! 

Io, perduto battello sotto i capelli delle anse
scagliato dall'uragano nell'etere senza uccelli,
io, di cui né Monitori né velieri Anseatici
avrebbero potuto mai ripescare l'ebbra carcassa d'acqua

libero, fumante, cinto di brume violette.
o che foravo il cielo rosseggiante come un muro
che porta, squisita confettura per buoni poeti,
i licheni del soie e i moccoli d'azzurro; 

io che correvo, macchiato da lunule elettriche,
legno folle, scortato da neri ippocampi,
quando luglio faceva crollare a frustate'
i cieli oltremarini dai vortici infuocati;

io che tremavo udendo gemere a cinquanta leghe
la foia dei Behemots e i densi Maelstroms,
filando eterno tra le blu immobilità,
io rimpiango l'Europa dai balconi antichi! Ho veduto siderali arcipelaghi! ed isole
i cui deliranti cieli sono aperti al vogatore:
È in queste notti senza fondo che tu dormi e ti esìli, milione d'uccelli d'oro, o futuro Vigore?

Ma è vero, ho pianto troppo! Le Albe sono strazianti.
Ogni luna è atroce ed ogni sole amaro:
l'acre amore m'ha gonfiato di stordenti torpori.
Oh, che esploda la mia chiglia! Che io vada a infrangermi nel mare!

Se desidero un'acqua d'Europa, è la pozzanghera
nera e fredda dove verso il crepuscolo odoroso
un fanciullo inginocchiato e pieno di tristezza, lascia
un fragile battello come una farfalla di maggio. 

Non ne posso più, bagnato dai vostri languori, o onde,
di filare nella scia dei portatori di cotone,
né di fendere l'orgoglio di bandiere e fuochi,
e di nuotare sotto gli orrendi occhi dei pontoni.

Arthur Rimbaud, Il Battello ebbro.