giovedì 24 dicembre 2015

Nanni Balestrini per Genova Voci- Biblioteca Universitaria di Genova- 17 dicembre 2015


Dante Maffia sui Recitativi d'amore.



CETTA PETROLLO, Recitativi d’amore e altre poesie (1977-2013), San Cesario di Lecce, 2013, pp. 146.

Un libro che abbraccia un lungo arco di tempo, circa trentasei anni, eppure non s’avverte nessuna frattura tra il prima e il dopo, il che significa che Cetta Petrollo è nata subito attuale e completa, convincente e accesa da autentico sentire. Certo, i temi si sono dilatati e taluni accorgimenti stilistici si sono affinati, ma la sostanza del suo poetare è rimasta cristallina e densa come al cominciamento. E’ come se le parole e le immagini di Recitativi d’amore nascessero dalle mani, dagli occhi, dai capelli, da tutto il corpo di Cetta che però resta “fuori” dalle grinfie dell’immobilità travasando discorsi che creano e cancellano la tentazione d’esistere, come detta il titolo di un libro di Cioran.
Se volessimo racchiudere in mezza pagina la ricchezza di questo libro, come un tempo facevano Enrico Falqui, Lorenzo Gigli e Giuseppe De Robertis, troveremmo grosse difficoltà, non perché manchino gli argomenti, ma perché sono liquidi, si muovono con i gesti e con i sospiri di Cetta, con le sue sensazioni, con i movimenti delle sue mani. Dunque è una poesia-corpo che s’addensa in anima che però assume le connotazioni di una piazza dove fanno ressa le danze delle metafore sfaldando ogni punto fermo, rompendo i muri, sparpagliandone i pezzi, ribaltando interamente i dati della realtà, riducendo a zero la scrittura, ridando vita e forma inedita alla Parola, tentando di svelare i nessi tra essere e non essere, tra luce e buio, tra realtà e sogno, tra trasgressione e assuefazione.
Per Cetta non ci sono regole in cui entrare e farsi imbrigliare, sarebbe la morte della poesia. La dimostrazione lampante di ciò la dà nei diciotto Sonetti che chiudono il libro, ma non serrano le vibrazioni e i sussulti scaturiti dalle matasse limpide dei tempi poetici scanditi sopra un immaginario palcoscenico che non chiude mai il sipario. La poesia di Cetta Petrollo è, a un tempo, flusso della coscienza e disegno geometrico di un teorema linguistico e psicologico che vuole ottenere la reazione del lettore non disposto a mettersi in gioco: “Vedi come scrivo / con calma / e vado e vengo dalla barra / e vado e vengo dal treno / e ogni volta t’avverto / (ma faccio nicchia nel letto)”. Sono parecchie le composizioni in cui tutto sembra slabbrarsi e andare per vie traverse, in cui il Caos primordiale si pone al comando del viaggio illudendosi di andare lontano e non s’accorge che si tratta di un viaggio intorno alla stanza per poter decifrare i motivi degli sfaceli piovuti nel mondo.
La presenza di Cetta nei versi è viva e non intende defilarsi per fare posto alle astrazioni. Purtroppo le cose esistono e hanno una forma e un peso e dunque bisogna farci i conti e fare i conti con la timidezza della Parola, con la sua incapacità, spesso, di uscire dal conformismo dei vocabolari e assidersi al centro della sostanza viva dell’essere. Le reiterazioni che qua e là affiorano ci danno la dimostrazione di una lotta ingaggiata dalla poetessa per portare il canto e la lirica dentro ragioni quietamente non subordinate a niente e a nessuno. Da qui l’anarchia che si respira nelle pagine, anarchia semantica e stilistica, umana e a tratti disumana, concreta e fuggevole, latitante e amorosamente accolta nei sobbalzi delle intuizioni. Insomma, poesia che sa di vita piena, dettata a Cetta da un dio umanissimo e chiaroveggente, anche politicamente parlando.
Libri così non ne vedo molti nel panorama della poesia italiana e perciò un plauso alla libertà assoluta con cui la poetessa ha affrontato l’amore e la sua sostanza, il dissesto dell’identità e dei valori e il loro mormorio mortuario che in lei diventa lotta alla norma, al già visto e sentito, all’immobilismo della politica e della letteratura.

DANTE MAFFIA



Recitativi d'amore - Recensione di Cony Ray



Recitativi d’amore – di Cetta Petrollo
Recensione di Cony Ray


Emily Dickinson, Silvia Plath, Anne Sexton?

Forse. Certo è che quella di Cetta Petrollo è quintessenza di una originale poetica al femminile che non veste – tra i versi – di quota rosa, né di una goccia di
Chanel n° 5, ma di pura essenza pregnante di vita.

Il “recitativo” forma di composizione usata comunemente in melodrammi, oratori, cantate e opere, ma talvolta anche nei concerti, qui si fa canto alla vita
e all’amare.

E’ colloquio confidenziale, che è del saper comunicare ciò che significa essere donna senza trucchi ne inganni. E’ del farsi “versi senza veli” di chi ama dal profondo la vita che altri gettano via ogni giorno e ogni notte.
E l’averti addosso di Gino Paoli, come una camicia, come un cappotto, come un bottone, una canzone mai finita, come un giorno di sole di Maggio che scalda la pelle.

Scardinati dallo scrigno dell’esistenza i cassetti dell’Io, della giovinezza, del presente consapevole, dell’amore, della magia e della perdita, l’Isola del far tesoro l’Itaca tessuta da una Penelope dei nostri giorni emerge all’orizzonte dalla costa del nostro tempo, dai versi, con slancio, trasporto, come mossi da primo impulso - come da mille leghe di un oceano di sensazioni, emozioni - fino a giungere al nostro orizzonte a volte limitato, in superficie, ed approdare nella raccolta di poesie & sonetti “Recitativi d’amore”.

Nella geografia della raccolta di versi - che idealmente s’incammina nella Genova dei carruggi fino sui sampietrini di Via Margutta, è il valore che si fa unità di misura del proprio esperito nella difettosa mappa della vita, di quel interrogarsi che pone il sé - come il lettore - davanti ad uno specchio che rifletterà ciò che nel sé conta, che è del sentir profondo nell’animo e che all’amina, quando amore è, sembra ci dica: Sospira…
E il miracolo che si compie proprio quando amare non è un fine, quando non è mai un troppo rumore per nulla e nulla andrà perso nel tempo che verrà.

L’ironia che è il sale nel mare della vita, batte il ritmo di alcuni versi.
Si fa strada come a lenire le ferite.
A volte tagliante come l’ironia di Ennio Flaiano, in un aforisma dei suoi in “Un marziano a Roma”: “La parola serve a nascondere il pensiero, il pensiero a nascondere la verità. E la verità fulmina chi osa guardarla in faccia.”.

E’ vero, volutamente non ho citato nemmeno un verso di Cetta Petrollo.
Sarebbe un sacrilegio. Come svelare la trama di un film, il suo finale, il colpo di scena.
Per voce di donna attenta, Recitativi d’amore è una possibilità che ci viene donata
dall’autrice nel poter imparare e comprendere che l’osservare le cose della vita non è più una “questione privata” ma cosmica.
Non più con gli occhi di genere ossia maschile o femminile, ma di persone.
E’ tuffarsi e immergersi in apnea nelle acque dell’esistenza,
nel circo della vita, senza rete.