Roma
Ce la siamo girata tutta quando
andavamo veloci per piazza Montecitorio e veloci nelle stradine che portano
alla Camera, ingressi secondari, e per via del Corso in fretta verso il
palazzone dei socialisti e fino alle tre di notte per la chiusura dei contratti
e ancora spaziando sul lungotevere verso le boutique anni Novanta per comperare
sciarpe di lamé per Capodanno e ancora di corsa verso il Pantheon dove qualche
politico in cerca di voti, qualche regista in cerca di whisky e ancora più giù
attraverso passaggi che tagliano i posti importanti verso Piazza Venezia e
ancora più giù verso i fori imperiali dove quella parata.
Ah sì che siamo andati in galoppo!
E se ti guardo di profilo rimane quell’orgoglio di chi correndo piega le cose.
Con quelle mani forti. E’ nostra la città? E’ nostra. Distesa, rilassata. Non
tradisce. Non incrudelisce. Mi fa regali. La gonna a pieghe finalmente si solleva. Torno ad essere femmina. Fammi vedere le
scarpe. Hai visto palazzo Farnese? E mettiti di fronte. Chissà.
Cetta Petrollo
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