All’epoca che le fanciulle 10 (scema)
Ora la decima chiuse la luce, chiuse la finestra, chiuse la porta, chiuse tutto quanto e lasciò accesa come sempre la sola lucetta del computer quella lucetta blu dello schermo che riesce ad illuminare la tastiera e se inclini lo schermo riesci a vedere lo stesso anche se hai tutto spento vedi lo stesso che è quello che era lungamente capitato da maggio in poi quando le fanciulle non erano ancora nate che nessuno era venuto a farle nascere e la notte c’erano coppette di ciliegie e molte insonnie e colpi di corda saltata lungo il viale.
Il salto della corda.
Pensa tu che certe volte anche un libro ti può rendere scema.
Aspetto che te lo spiego disse donna alla scema che era arrivata come faceva lei dimenticandosi un mucchio di cose, dimenticandosele nella camicetta aperta nelle mutandine smarrite nei capelli sgovernati nelle scarpe con i tacchi, nella matita sulla bocca, nella collanina di pietruzze andine, che come si fa a girare sempre coi tacchi? Nei seni inopportuni nel pube un po’ gonfio nella bocca che stava sempre là sempre pronta a baciare da scema.
Che come si fa! Come si fa! A baciare sempre il primo che passa che magari incontri alla stazione che non lo hai mai visto prima!
Solo in fotografia.
Ma ti pare… non è una cosa da fanciulla saggia è una cosa da stupida, da scema, lo vuoi, lo vuoi finalmente capire che sei scema?
Nella realtà, devi stare nella realtà, disse donna alla decima che era come vi ho detto un po’ scema o almeno tale la chiamava la donna che era un po’ acida e insomma non tanto comprendeva le fanciulle specie quelle di sessant’anni.
Ma come si fa. Come si fa… dimmi come si fa a partire così filata verso il cielo che tu che ne sai?
Sei babasona, una merla, insomma sei proprio una scema.
Ma decima aveva spento la luce e stava lì postando sul computer e si diceva mica sono scema, donna sta facendo un sacco di confusione, a me piace sognare e immaginare e cercare e chissenefrega se ai sogni non risponde la realtà, peggio per la realtà, che la mia è quella che è, e peggio per la realtà se non sa sognare, io è una vita che sogno che ci ho sempre avuto un gran mago, un grandissimo mago vicino che mi diceva tu ti gasi da te e basta che qualcuno ti sorrida che tu parti ma non è grave diceva appunto questo grandissimo mago, tu sei fatta così… E con me non cadi ripeteva il mago, con me non si cade…
E scema ricordandosi del mago, quel mago che adesso dormiva e dormendo respirava e respirando riempiva la casa e ancora con luminosi occhi la guardava, ricordandosi del gran mago continuava a postare sul computer sulla sua scrivania al centro della plancia della nave che era la scrivania del poeta che erano le infinite volte che si erano seduti a quella scrivania che erano gli infiniti silenzi le infinite paturnie, gli infiniti sbattere di carte.
Che anche si campa giocando a poker.
Basta avere la forza di rischiare.
Di bleffare.
Aspetta ti insegno come si fa.
Che lei non aveva purtroppo mai imparato ma lui glielo diceva, devi imparare a bleffare e non fare la scema…
Che io sono un re e tu una regina.
E dico, non te lo dimenticare mai mai.
Ma non parlarmi mai prima dell’una.
E scema si disse continuando a postare sul computer e a scrivere la sua di storia, postando come una matta si disse, ha ragione, ha ragione lui, mai prima dell’una dovrà parlarmi un uomo.
Anzi nemmeno dopo l’una.
Anzi ci devo pensare ben bene se lo voglio ascoltare un uomo.
Che sono una regina.
E perché lo devo mai ascoltare? Che io ho ascoltato un re?
Che mi importa di un uomo se ho avuto un re?
Che mi basta la mia di storia.
Che so quello che scrivo.
Che mi basto da me.
E così scema non più scema stava lì a scrivere storie e ad ogni storia che scriveva il mondo si faceva sempre più bello e più grande e meno meschino e i sudditi si allontanavano e il mondo si faceva accogliente e morbido e allegro e pieno di umori e di nuovo pieno di sapori che sono carina si disse scema e poi sono una regina e che lo devo leggere a fare il mondo? Che non ho bisogno io di leggerlo il mondo che il mondo lo vivo e il re lo ha già letto per me e lui ora mi dice scrivi scrivi scrivi non fare la scema scrivi.
Fallo per me.
Riempi questa casa di parole.
Guarda per me la vita
Impara a giocare a poker.
Impara finalmente e scrivi.
Che la notte si allungava e si allungava e c’erano ancora tante cose ancora da scrivere che non sarebbe bastata una vita e per questo che lei aveva fretta e pistava pistava sul computer e ogni tanto faceva sciò sciò, sciò sciò, non ho tempo da perdere anche se sono scema.
Cetta Petrollo, Febbraio 2012
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