giovedì 4 aprile 2013

Da Viaggi genovesi



Bistrot

A Genova ci sono i bistrot. Che magari esistono anche altrove. A Genova li frequento perché lo iodio adesso mi toglie l’appetito come me lo aggiungeva da ragazza e arrivo alla sera con poca fame ma molta voglia di bere.
Meglio frequentarli in compagnia. E’ triste bere da sole.
Meglio andare in quelli dove ti porta un amico. Entrare con lui che sa dove dirigersi. Che conosce l’oste. Che osserva le ragazze che servono.
Pantaloni bassi. Civetteria da bambine.
Ma i bistrot e i carrugi si somigliano tutti.
Dunque in questa sera strana, pervasa dalla nostalgia e dal ricordo, capita di girovagare a lungo cercando quel particolare bistrot dove si andò con l'amore, all’epoca che eravamo fanciulle.
E di girovagare a lungo e a lungo mentre altra compagnia ti segue osservando gli spigoli, gli angoli, gli incagli di questa città insieme docile e difficile.
E di carrugio in carruggio si gira alla ricerca del bistrot.
Del mio bistrot. Di quello che appunto ero una fanciulla.
Ma questo non si può dire.
E nel giro finale fra marocchini emigrati, senegalesi, famiglie in uscita serale, ad una svoltata incontriamo San Lorenzo. Con le guglie ed i mostri. Sempre quelli di quando scrivevamo poesie dicembrine.
E incappiamo in un bistrot.
Il daquiri è più buono.
La compagnia lieve e attenta.
Ma non è il mio bistrot. Ombroso. Reticente. Affettuoso. Avvolgente. Ispido e scontroso.
Il mio bistrot.


Cetta Petrollo

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