venerdì 12 dicembre 2008

Brunetta il contratto e la recessione pensionistica

Presso la sede dell’Aran in via del Corso si sta definendo il nuovo contratto di lavoro della dirigenza ministeriale.
Non ci sono ancora numeri sicuri giacché potrebbero cambiare alcune variabili conseguenti alle richieste ed esigenze della dirigenza generale ( 387 unità in tutto il territorio nazionale, dato Aran) o di alcuni Ministeri.
In ogni modo bisognerà stringere la cinghia, come tutti del resto.
Gli aumenti saranno scarsi e questo è comprensibile dato il momento.
La pensione futura, e questo non è comprensibile, andrà, ci sembra, in gran diminuzione giacché la tendenza sarà quella di buttare gran parte delle risorse nella parte non, o poco, pensionabile della retribuzione il che, sommato alla Riforma pensionistica in corso ed alle varie leggine in itinere (passaggio dall’80% al 70% pensionabile, limite dei quarant’anni retributivi ) vorrà dire, fra qualche anno, pensioni in recessione che coesisteranno con le vigenti pensioni di coloro che sono andati in pensione appena poco tempo prima.
I giovani precari delle pubbliche amministrazioni con i loro versamenti non potranno certo garantire la vecchiaia degli statali e c’è il timore che alla loro pensione non pensi proprio nessuno.
Che livello di civiltà sarebbe quello di un Paese in cui, a parità di lavoro svolto e di anni contributivi, uno prendesse tremila euro di pensione e un altro meno della metà?
E, se si deve risparmiare, perché non partire da altre aree?
Perché non bacchettare quelle Regioni che soccombono sotto il peso dei Dirigenti generali e dei Capi dipartimento?
Sono solo nella dirigenza ministeriale gli sprechi?
E certo meglio prendersela con gli anonimi ministeriali che poco contano e poco si ribellano piuttosto che con i potentati periferici, vere e proprie lobby abituate a fare affari su tutto, anche sulla mondezza, e dunque potentissime, come la cronaca insegna.

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